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Salvare l'Italia, non i furbetti

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Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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Un po' di tagli qua e là, un po' di Fisco, un po' di pensioni, un po' di assistenza, un po' di liberalizzazioni, un po' di lavoro, un po' di enti da sfoltire, un po' di patrimoniale mascherata con un altro nome. Mentre scrivo, la discussione sulla manovra è in corso, ma si capisce che dentro ci sarà un po' di tutto. I tempi stringono, la follia dei mercati è tale (ieri un rimbalzo record dopo perdite consecutive da thriller) che non si può stare a pensarci su troppo. Più che il fioretto si userà il machete. Pazienza. Detto questo, resta il fatto che a pagare saranno i contribuenti virtuosi, quelli che i redditi al Fisco li dichiarano puntualmente. Sono i patrioti di questo Paese, quelli che finanziano e sopportano una spesa pubblica mostruosa (il 51 per cento e fischia del Pil) e devono pure sentirsi dire che sono ricchi e privilegiati. A nessuno viene in mente che dietro c'è il talento, l'impresa, lo studio, il sacrificio, la sfida continua di mettersi in gioco. Non parlo di gente che vive di rendita, ma di imprenditori, professionisti e lavoratori qualificati. I rumors del Palazzo dicono che sia in discussione un prelievo, una patrimonialina, per i redditi sopra i 90 mila euro. Qualcuno addirittura abbassa la soglia a 50/60 mila euro. Chi li ha dichiarati ha già versato più della metà del suo reddito allo Stato tra imposte e oneri sociali. Sono questi i ricchi? Mi viene difficile definirli tali. E anche il termine benestante, visto il cambio dell'euro e il costo dei servizi, mi pare rischioso di questi tempi. Una famiglia con quel reddito pagherà il massimo della retta per l'educazione dei figli, mentre l'evasore che tutte le mattine parcheggia la Porsche sotto la scuola se la riderà. Lui non versa la retta perché è «povero». Lui non paga niente. Salviamo l'Italia, va bene. Ma i furbetti no.  

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