Napolitano chiede equità
.Dopo David Cameron e Nicolas Sarkozy, tocca a Giorgio Napolitano interrompere le vacanze e dire addio a Stroboli. Il presidente della Repubblica prende un elicottero per raggiungere Reggio Calabria. Lì un aereo lo aspetta per riportarlo a Roma. E la strada per il Quirinale si fa subito trafficata. Arriva per primo il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi accompagnato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e dal ministro dell'Economia. Giulio Tremonti è reduce dall'informativa sulla crisi di fronte alle Commissioni economiche di Camera e Senato. E non è andata molto bene. Giorgio allora prende in mano la situazione. Avvia alcune «consultazioni» con l'esecutivo e le opposizioni e inizia a mettere a punto il quadro delle azioni necessarie per sistemare i conti pubblici e difendere il Paese dagli attacchi della speculazione. Nessuna iniziativa concreta, sia chiaro. Del resto era stato lo stesso Capo dello Stato, solo pochi giorni fa, a spiegare agli abitanti di Stroboli che lo incitavano a tener duro che ognuno - anche nel bel mezzo di una tempesta finanziaria - conserva il suo ruolo: «Io al massimo dispongo della moral suasion. E non ho nessuna intenzione di travalicare di una virgola le prerogative che la Costituzione assegna al presidente della Repubblica», aveva ribattuto. «Moral suasion», dunque. È questa l'unica arma a disposizione di Napolitano. Il Capo dello Stato, però, - pur non «travalicando le prerogative» - rimane un importante punto di riferimento politico. Il più rispettato garante della parola data alla Bce. Il momento è delicato. C'è da mettere a punto il decreto con le misure d'emergenza da attivare per contrastare l'attacco all'Italia, un provvedimento che potrebbe essere varato già oggi dal Consiglio dei ministri (tanto che il Cavaliere, che aveva programmato il rientro a Villa Certosa per ieri sera, avrebbe posticipato a sabato il ritorno in Sardegna). Giorgio chiede ai suoi interlocutori equità, coesione e rapidità d'azione. Lui non decide niente. Non si impone. Ma c'è una cosa che gli sta a cuore. Il lavoro dei giovani. Così avrebbe dato alcuni imput, indirizzando il governo verso misure di defiscalizzazione (o fiscalizzazione minima) per le imprese che assumono under 30. Poi ascolta Tremonti e Berlusconi, le loro misure, le loro idee. Ma c'è anche da verificare la disponibilità delle altre parti in causa. Innanzitutto quella del Parlamento. L'audizione del ministro dell'Economia in Commissione non ha contribuito a sciogliere gli interrogativi. La delusione per le attese ha suscitato forti critiche dall'opposizione. Ecco perché al Colle sono saliti anche il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani e il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini. Napolitano, poi, vedrà oggi il presidente della Camera, Gianfranco Fini mentre ieri ha avuto un lungo colloquio con Renato Schifani. Il Presidente del Senato ha garantito al Capo dello Stato che le commissioni di palazzo Madama inizieranno l'esame del provvedimento del governo subito dopo Ferragosto. In questo modo il decreto potrà arrivare in Aula agli inizi di settembre. Atteso per oggi anche l'arrivo al Colle del segretario del Pdl, Angelino Alfano. All'appello manca solo il leader della Lega Umberto Bossi. Il Senatùr ha definito «fumoso» l'intervento di Tremonti e non ha risparmiato critiche alla manovra e alla maggioranza. L'Umberto in questi giorni, in realtà, ne ha una per tutti. E a chi gli chiede se andrà al Quirinale da Napolitano, lui risponde: «Se bisogna farsi vedere allora ci vado».