Il governo accelera sulla manovra
Contro la tempesta finanziaria sono scese in campo tutte le nostre istituzioni per dare quel "segnale forte" che lo stesso ministro Giulio Tremonti ha indicato come antidoto per debellare il virus che ha colpito i mercati. Così nel giorno della riapertura del Parlamento per consentire al ministro dell'Economia di indicare la sua ricetta anti-crisi, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha interrotto le sue ferie ed è rientrato nella capitale per vedere il premier Silvio Berlusconi con il ministro Tremonti e il sottosegretario Gianni Letta. E per avviare, in questa emergenza economica, delle vere e proprie consultazioni, aprendo le porte del Quirinale anche alle opposizioni (Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini) e al presidenti della Camera, Fini, che vedrà oggi quando salirà al Colle anche il segretario del Pdl Angelino Alfano. Ma ieri Napolitano ha avuto già un contatto telefonico con Renato Schifani che, in vista dell'imminente Consiglio dei ministri ( forse stasera alla chiusura dei mercati) che dovrà varare il decreto con le misure della nuova manovra (rivista e corretta), ha già assicurato che palazzo Madama è pronto a rimboccarsi le maniche per esaminare rapidamente il provvedimento. In questo quadro rientra anche il faccia a faccia avuto in serata dal presidente del Senato con il ministro Tremonti. Anche per il premier Silvio Berlusconi ieri è stata una giornata di superlavoro e di stress. Prima di salire al Colle il presidente del consiglio ha incontrato a palazzo Chigi il governatore di Bankitalia e presidente designato della Bce, Mario Draghi. Sul tavolo, si sa, il canovaccio di misure anti-crisi che vanno tutte in una unica direzione, quella del rigore, così come vuole l'Europa e la Bce. E come lo stesso ministro Tremonti ha miscelato (sia pure in modo un pò «fumoso» come ha notato Umberto Bossi) nella sua ricetta europea illustrata nelle commissioni parlamentari. Certo la prospettiva delle 'lacrimè e del 'sanguè in arrivo con il decreto anticrisi non piace a nessuno a cominciare da Berlusconi che forse si è turato le orecchie quando Tremonti ha elencato più tasse sulle rendite finanziarie, taglio dei pontì festivi, decurtazione degli stipendi degli statali. Solo ipotesi per ora, forse ballon d'essai. Però la prima reazione è stata totalmente negativa, e non solo nell'opposizione che con Bersani,Di Pietro, ma anche con il Terzo Polo, ha accusato il governo di non avere nè idee nè polso e di muoversi alla cieca. Gianfranco Fini si è detto addirittura «allibito» per la vaghezza e dell'intervento di Tremonti. E pure nella stessa maggioranza la delusione è stata grande. Bossi, che ad un certo punto ha anche buttato là misteriosi complotti orditi contro il governo, ha detto chiaro e tondo che il suo amico Giulio proprio non lo ha convinto sulle pensioni, e in serata è tornato a palazzo Grazioli da Berlusconi per fare il punto di una situazione ingarbugliata e nervosa. Non basta. Nel Pdl è spuntata una fronda anti-Giulio: un gruppo di parlamentari (Giorgio Stracquadanio, Guido Crosetto, Lucio Malan e Isabella Bertolini) 'delusì dall'intervento del ministro dell'Economia ha fatto sapere che non è affatto scontato il loro voto a favore del decreto anti-crisi. Di certo, ha annunciato Forza del sud, il movimento che fa capo a Gianfranco Miccichè e che è rimasto "perplesso dalla parole poco chiare di Tremonti - non voteremo provvedimento che siano contro il Mezzogiorno".