Il valore della Patria
Il 13 agosto del 1961 iniziava la costruzione del Muro di Berlino. Quarantatré chilometri di cemento, filo spinato e torrette. Sono trascorsi cinquant’anni, il Muro è crollato, la Germania riunificata, l’Europa in pace e con un benessere insperato in quegli anni di Guerra Fredda. Ma lontano s’ode uno scricchiolìo. L’Unione è senza una linea comune che non sia quella del gettito, del debito e del credito. E la politica? Non pervenuta. Travolti dal crac americano, gli Stati procedono a fari spenti nel buio. La Francia teme di perdere la «tripla A», i listini azionari tedeschi crollano, la Spagna è zavorrata dalla sua finanza creativa, la Grecia è salvata ma fallita. E l’Italia? Ha un debito pubblico abnorme ed è guidata da uno spirito neocorporativo in cui i veti della politica, delle associazioni imprenditoriali e dei sindacati si annullano a vicenda. Fino a confondersi. La Cgil ha già minacciato uno sciopero generale. A prescindere. E la Lega è il suo insolito alleato sul no all’innalzamento dell’età pensionabile. Così non si riforma niente. È la metafora di un immobilismo che non taglia la spesa pubblica improduttiva, non ferma il welfare scaricato sulle spalle delle generazioni future, non liberalizza, non combatte l’evasione e l’elusione, non disegna un Fisco dal volto umano. Il momento è straordinario. Da più parti si invoca un provvedimento per fare subito cassa e allora è giunto il momento di fare chiarezza: il governo dica se vuole istituire una patrimoniale sulla liquidità e gli immobili. Sì o no. Noi siamo contrari all’assalto al risparmio e al capitale. Ma vogliamo un futuro per i nostri figli e crediamo in un valore superiore: siamo patrioti. Post scriptum. Ai partitanti: siamo patrioti, non scemi. Tagliate davvero i costi della politica.