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Il Pd è disponibile a riformare il Paese?

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Èvero, oggi tutto è diverso: il mondo è globalizzato, basta una società di rating che attraverso un sito decide di colpire uno Stato ed ecco che scatta la crisi della Nazione presa di mira. Se poi queste societá di rating utilizzano criteri di valutazione discutibili e finiscono sotto indagine negli USA come in Italia per un evidente commistione con banche e fondi di investimento, i timori aumentano. Questo é il tempo del rigore e della trasparenza. In quest'ottica ho apprezzato i contenuti della lettera, pubblicata sul quotidiano da Lei diretto, del collega Antonio Martino che ha chiesto e sollecitato, insieme all'obbligo del pareggio di bilancio, un tetto alla pressione fiscale. Sarebbe cosa buona e giusta. Ma, ovviamente, come sostiene lo stesso Martino, la via principale per evitare che «la coperta si allunghi da una parte e si accorci dall'altra» è il contenimento reale della spesa pubblica improduttiva. Avendo deciso, insieme a molti altri colleghi, di lavorare a tempo pieno in agosto perché nei momenti di difficoltá ci si può rilassare solo dopo aver risolto i problemi e la classe politica italiana ha l'obbligo di impegnarsi fino a quando il Paese non avrà ritrovato la giusta rotta, ritengo che sia il momento delle proposte concrete nell'esclusivo interesse del tricolore e non delle bandiere di partito. Certo, la diminuzione dei compensi e del numero dei parlamentari è sicuramente una buona cosa, la riduzione dei benefit idem, ma non è la soluzione di tutti i mali. Se realmente si vuole risolvere il problema dell'incidenza dei costi della politica sulla spesa pubblica, ci vuole coraggio, tanto coraggio. E si inizi da subito con la soppressione delle Province, con l'obbligo per i Comuni di non avere più di una società partecipata, con la cancellazione per tutte le società pubbliche con meno di 500mila euro di capitale sociale dei consigli d'amministrazione e con la nomina di un amministratore unico, con la chiusura degli enti parco e il trasferimento delle competenze alle comunità montane e ai comuni, con la diminuzione e rimodulazione delle autorità di bacino, con l'obbligo per i comuni inferiori a 5mila abitanti di consorziarsi per alcuni servizi con gli enti vicini. Ovviamente il tutto con la riduzione del 50 per cento delle auto blu, il divieto per gli enti di dotare i propri amministratori di telefonini aziendali, il divieto di poter presentare rimborsi spesa a qualsiasi livello, il blocco assoluto per gli enti di nominare consulenti esterni. L'Emilia Romagna ha partecipazioni in quasi trenta società, idem Sicilia, Toscana, Puglia e Campania, con queste ultime due che hanno anche il primato di detenere una società che produce film: non è ammissibile avere Regioni che hanno tante società a totale carico dei contribuenti. Insomma, se si volesse davvero far dimagrire la politica e con essa una parte della spesa pubblica le condizioni ci sarebbero. Il presidente Berlusconi ha sempre dimostrato di voler riformare il Paese nell'esclusivo interesse dei cittadini, il Pd e gli altri partiti sono disponibili? Per farlo bisogna andare avanti senza pensare a chicchessia, quando si è in difficoltà è indispensabile che tutti stringano la cinghia, dai parlamentari all'ultimo consigliere comunale: o ci salviamo tutti oppure finisce l'Italia. Non è possibile che il governo Berlusconi debba stare attento alle finanze nazionali, dovendo rendere conto a svariati istituti, mentre Regioni, Province e altri enti possono fare tutto quello che vogliono. È il solito sistema dei due pesi, due misure. Ora è tempo di smetterla e di remare tutti nella stessa direzione. *Deputata del Pdl

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