Rivoluzione dello Stato
Mentre infuria la tempesta finanziaria globale, mentre vediamo confermate le nostre previsioni sui mercati indipendenti dai governi e dall’economia reale, mentre vediamo i capitali volanti librarsi nell’aria come locuste, il governo italiano vara una campagna pubblicitaria sull’evasione fiscale. Per noi de Il Tempo è una rivoluzione copernicana che va salutata con favore. Si tratta di un cambio di passo e di un ribaltamento della cultura e del costume del nostro Paese. L’evasione fiscale è una piaga che va combattuta e farlo proprio quando si chiedono agli italiani onesti altri sacrifici è un ottimo segnale. È inutile girarci intorno, siamo di fronte a uno dei problemi più seri del nostro Paese e chi fa finta di niente è connivente. L’azione di recupero delle somme sottratte al Fisco è fondamentale per almeno un paio di ragioni: 1. è motivo di giustizia sociale; 2. fa emergere cespiti e attività che possono diventare virtuosi entrando nel circuito della legalità; 3. taglia le unghie alla criminalità che sul nero e sul riciclaggio di denaro ha due pilastri da abbattere. Chi critica questa iniziativa non ha coscienza civile. Un governo di centrodestra che crede nel mercato e nel liberalismo non può sottrarsi a questa battaglia. È una questione di credibilità e di onestà. Conosco bene le difficoltà delle aziende, del popolo delle partite Iva, della piccola e media impresa. Ma proprio in nome di questa armata di capitani coraggiosi oggi è più che mai necessario assicurare condizioni paritarie di fronte al Fisco: chi evade immette sul mercato beni e servizi che danneggiano il principio della trasparenza e della libera concorrenza. Contribuenti onesti e imprenditori virtuosi sono danneggiati e beffati da chi evade. Il cittadino onesto paga, l’evasore consuma i servizi dello Stato pagati dall’onesto. E accumula ricchezza che diventa disparità sociale. È l’Italia dei furbi e fessi descritta magistralmente da Prezzolini. Accanto a questa battaglia, il governo ha il dovere di varare al più presto una riforma delle imposte e delle tasse, dare al Paese un Fisco dal volto umano. Auspico il ritorno alle origini del centrodestra. Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti furono due alfieri della semplificazione fiscale, nel loro dna era scolpito un motto caro a noi liberali: meno Stato più mercato. Il che si traduce nell’arretramento del settore pubblico dall’economia, nel taglio netto dell’intermediazione della politica sul capitale, nella fine degli oligopoli e nell’affermazione del principio che lo Stato riscuote imposte e tasse e non si trasforma in estorsore di gabelle. Occorre un’inversione di tendenza forte e chiara. La manovra per noi de Il Tempo era e resta recessiva, priva di slancio e prospettiva sul fronte della crescita. È ora di varare la rivoluzione fiscale. Ora o mai più.