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Il partito della patrimoniale piange ma incassa sempre

Giuliano Amato

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Puntuali come certe pie donne non appena hanno sentore di qualche possibile funerale, tornano ad affollarsi al capezzale dei conti pubblici ex premier e politici di lunghissimo corso. Tutti con parecchie caratteristiche in comune. Si tratta di esponenti o padri della sinistra, e di personaggi che hanno indifferentemente militato nella politica e nel business, nella cosa pubblica e in quella privata, che hanno servito gli interessi dell'Italia e di chi, oggi, viene (anche da loro) accusato di remare contro il nostro paese. Parliamo di Giuliano Amato e Romano Prodi. Il primo ha approfittato del primo momento utile per rilanciare sul Corriere della Sera del 27 luglio la sua idea di una patrimoniale, che dovrebbe essere pari al 30 per cento del debito pubblico ed a carico del 30 per cento dei contribuenti “più abbienti”. Poiché il debito è di oltre 1.600 miliardi e la ricchezza netta delle famiglie ammonta a 8.600 tra immobili e risparmi finanziari, si tratta di più di 600 miliardi che dovrebbero essere pagati da circa 20 milioni di noi. Un tributo secco di 30 mila euro a testa – il 30 deve essere una fissa di Amato – che il Dottor Sottile giudica “fattibile”. In mancanza di ulteriori precisazioni dell'autore, una famiglia di tre persone sgancerebbe 90 mila. Oppure, se si vogliono escludere i figli “non abbienti”, i genitori abbienti dovrebbero concorrere con 45 mila euro ciascuno. Il primo effetto della patrimoniale by Amato sarebbe di gettare nel caos finanziario la famiglia in questione, a meno che non appartenga ad una di queste categorie: miliardari (in euro), evasori fiscali, boss della criminalità organizzata. Oppure che non abbia come capofamiglia il seguente pensionato descritto da Mario Giordano in “Sanguisughe”, un libro che sta spopolando: “Dal 1° gennaio 1998 incassa una pensione Inpdap da professore universitario di 12.518 euro netti al mese. Ai quali aggiunge una pensioncina da 9.263 euro da parlamentare. E almeno tre incarichi: due pubblici (presidente della Treccani e presidente del comitato dei garanti del 150° dell'unità d'Italia), ed uno privato, come senior advisor della Deutsche Bank. Come presidente della Treccani prendeva 150.000 euro l'anno ma ha rinunciato all'assegno; come presidente del comitato dei garanti al massimo rimborsi spese; come senior advisor della Deutsche Bank non è dato sapere, ma trattasi di poltrone come minimo da centinaia di migliaia di euro l'anno. Se ci si aggiungono conferenze e altri incarichi professionali, in tutto, e stando molto stretti, si porterà a casa all'incirca 30.000 euro netti al mese”. Di chi stiamo parlando? Di Giuliano Amato, of course. Tralasciando questa piccola slittata del patrimonialista in questione, il secondo effetto sarebbe addirittura più devastante. Un terzo del patrimonio privato italiano passerebbe allo Stato, riducendo il debito pubblico a 1.200 miliardi, quindi al di sotto del Pil. Il che darebbe ai nostri politici una formidabile licenza di uccidere: cioè di sperperare in men che non si dica i soldi sottratti alle famiglie. “Tassa e spendi” è stato del resto il marchio ufficiale della prima repubblica, e in particolare della sinistra, esattamente come “Honni soit qui mal y pense” è il motto dell'Ordine della Giarrettiera di Sua maestà britannica. Quindi dall'80 per cento sul Pil il debito tornerebbe più veloce della luce alla situazione attuale, ma con una società infinitamente più povera, inferocita e certamente non disposta a sostenere le finanze pubbliche. Vale a dire a sottoscrivere quei Btp che escono dai portafogli stranieri: più o meno come accadde nel '92, quando ancora Amato pensò bene di rastrellare nottetempo, e retroattivamente, il 6 per mille dai conti correnti dei cittadini. E passiamo a Prodi. Il Professore si è detto “molto turbato” perché la Deutsche Bank ha venduto il 90 per cento dei propri Btp. La definisce “una evidente dimostrazione di mancanza di solidarietà intraeuropea”, e come Massimo Mucchetti, editorialista del Corriere, afferma che la colpa è di Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi che “non hanno telefonato ai loro colleghi tedeschi Wolfgang Schauble e Angela Merkel”. Ora, Prodi tra i suoi innumerevoli incarichi vanta quelli di presidente dell'Iri, del Consiglio e della Commissione europea. Quando lasciò la guida della holding pubblica (che ai suoi tempi controllava le tre maggiori banche italiane) fece una pubblica denuncia delle intromissioni dei politici nelle scelte della aziende. Quando fu estromesso dal governo dai colleghi ulivisti alimentò la battuta che dopo di lui (con D'Alema) palazzo Chigi era diventato “una merchant bank”. Durante il secondo mandato da premier un suo strettissimo collaboratore, Angelo Rovati, mise per scritto un piano, neppure insensato, di riassetto della Telecom. Scoperto, dovette dimettersi. Arrivato alla Commissione europea con l'etichetta di Mr. Clean, l'uomo che avrebbe fatto pulizia di ogni scandalo, fu accusato (in particolare dal Financial Times e dal Daily Telegraph) di aver coperto una frode da oltre cinque milioni di euro perpetrata da Eurostat, l'agenzia di statistica della Ue che tra l'altro certifica i conti pubblici. Last but not least, anche il Professore risulta titolare di un bel po' di pensioni, prebende e gettoni. Le prime le ha ancora accuratamente censite Mario Giordano. Si tratta di 5.238 euro lordi da ex presidente della Commissione Ue, di 4.725 da ex parlamentare e di 4.246 da ex professore universitario. Totale, oltre 14 mila lordi. Ma Prodi, come del resto Amato, non se ne sta certo con le mani in mano: cumula, e bene. Articoli, conferenze, un incarico ottenuto nel 2008 dall'Onu per “rendere più stretti i rapporti con l'Unione Africana”, e dal 2009 la nomina nell'Advisory board della Bp, il colosso petrolifero, oltre quella a professore presso l'Istituto di Studi Internazionali della Brown University. Ciò che ha fatto molto discutere è stato però il suo rapporto di consulenza con la Goldman Sachs tra il '90 e il '93, e poi di nuovo nel '97. Un dettaglio che lo accomuna, oltre alla militanza nei governi dell'Ulivo, proprio ad Amato. Difatti Mr. Patrimoniale è dal 2010 senior advisor della banca tedesca che oggi è al centro delle vendite di Btp italiani (suscitando la riprovazione prodiana), con il mandato di seguire le problematiche italiane. Ricapitoliamo. Prodi, oltre a una quantità di altre cose, è stato nel board della Goldman Sachs, la più potente banca Usa. Amato, sempre oltre a una quantità di altre cose, è in quello della Deutsche Bank, la più potente banca tedesca. Per inciso, si tratta dei due istituti che più hanno curato le privatizzazioni e i prestiti all'Italia negli anni Novanta: quelli – non gli stessi – in cui il Professore e il Dottor Sottile guidavano la politica italiana. A noi liberisti tutto ciò, in linea di principio, non fa scandalo. Ognuno con il suo talento faccia ciò che vuole e guadagni ciò che vale. Ci fanno però sorridere i turbamenti prodiani per la scarsa solidarietà dei banchieri tedeschi, e gli appelli da sinistra a “telefonare alla Merkel”: Prodi non ha uso di quel mondo? Certo, ancora di più ci allarma il revival patrimonialista di Amato. A lui sicuramente quei trentamila euro non farebbero un baffo: corrispondono alla sua pensione netta di un mese, tralasciando tutto il resto. Ma perché intanto non si batte per il taglio di vitalizi e privilegi degli onorevoli? O perché si dice contrario a quello delle Province (“Non vanno abolite, un ente intermedio tra Comune e Regioni serve”)? Forse potrebbero, lui e Prodi, dare un po' di esempi, anziché battere sempre cassa con la gente comune. Questo giornale non ha mai lesinato critiche al governo e alla classe dirigente attuale. Ma guardando al vecchio che avanza siamo abbastanza certi che dopo la padella ci aspettano i carboni ardenti.

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