Tremonti spiato aperta un'inchiesta
A giorni la procura di Roma aprirà un fascicolo processuale per accertare se il ministro dell'Economia Giulio Tremonti sia stato oggetto di spionaggio. L'uomo dei conti potrebbe essere convocato come persona informata sui fatti per approfondire le sue sensazioni. In serata Tremonti affida all'Ansa poche righe: «Ho profonda stima e fiducia nella Guardia di Finanza a partire dal suo comandante generale. Tutto quanto è a mia conoscenza - puntualizza il ministro - l'ho rappresentato alcune settimane fa alla magistratura. Lo confermo. Il resto sono state ipotesi e forzature giornalistiche». È un attacco, la sconfessione di quanto ha riportato La Repubblica. Punto di partenza la chiacchierata con il direttore de La Repubblica Ezio Mauro nella quale il ministro spiegava di essersi trasferito nella casa di via di Campo Marzio, offertagli dall'ex braccio destro Marco Milanese, perchè in caserma non si sentiva più tranquillo; «nel mio lavoro ero controllato, pedinato, spiato». È lo stesso ex finanziere e deputato del Pdl - interrogato dai pm di Napoli che indagano sulla P4 - a fornire altri elementi. «Il ministro - ha fatto mettere a verbale Milanese - mi ha detto che ha avuto uno sfogo con il presidente del Consiglio perchè aveva saputo che era seguito. O comunque negli ambienti politici si dice che stanno attuando il metodo Boffo anche nei suoi confronti...per contrastare la sua ascesa politica». Cosa c'è dietro queste dichiarazioni? E cosa c'è di vero circa l'ipotesi che, come sostengono alcuni quotidiani, il ministro avrebbe lasciato la foresteria della Guardia di Finanza già nel 2004? Se così fosse non reggerebbero le giustificazioni di Tremonti sui motivi che lo avrebbero portato ad accettare l'offerta dell'ex braccio destro Marco Milanese. C'è qualcosa, insomma, che il ministro «ancora non ha detto», sostiene l'ambasciatore Sergio Romano. Va ricordato che il ministro è responsabile della Guardia di Finanza e quindi perchè, avendo quei sospetti, è la domanda che sorge spontanea, non ha promosso un'inchiesta per accertare i fatti o non si è rivolto alla magistratura? Gli interrogativi si accavallano. Le dichiarazioni a Repubblica si intrecciano ad altre che aggrovigliano ancora di più la matassa. Dopo aver parlato dei timori di essere spiato, il giorno dopo Tremonti interviene a difesa del comandante generale della Guardia di Finanza, gen. Nino Di Paolo. Gli telefona per esprimere «piena fiducia e stima nelle Fiamme Gialle, confermando come il corpo abbia sempre agito nel pieno e rigoroso rispetto delle leggi». La telefonata è arrivata dopo le dichiarazioni del sottosegretario Guido Crosetto, secondo cui «la Guardia di Finanza ha troppo potere». «Quello che dice Tremonti, in particolare i suoi timori sulla Guardia di Finanza, non è lontano dalla verità - aveva detto Crosetto a Radio24 - Il potere della Gdf è troppo grande, troppo incontrollabile». Ma il ministro bolla subito queste dichiarazioni come «inappropriate». E ieri Crosetto ha replicato seccato di aver «fatto male a difendere Tremonti» e a dire «quello che penso sullo strapotere della Gdf. I passi falsi di Tremonti non finiscono qui. Venerdì interviene in modo del tutto insolito a Unomattina. Si difende dalle accuse dicendo di «non aver bisogno di rubare agli italiani». Un'uscita che getta altra benzina sul fuoco e si rivela un vero boomerang. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e leader di Forza del Sud Gianfranco Miccichè gli salta addosso. «Un uomo pubblico non può dire: Io non rubo perchè non ne ho bisogno. Tremonti dovrebbe spiegare i motivi veri della sua assunta estraneità, ma lascia trasparire l'idea, distorta e molto contorta, che a rubare possano essere solo quelli che non guadagnano 10 milioni l'anno». «Non si ruba - sottolinea Miccichè - perchè è contro la legge, non perchè non se ne abbia bisogno. Rispetto ad una vicenda così delicata, quello di Tremonti è un comportamento inadeguato». Tanto più che, avverte Miccichè, «Tremonti negli ultimi due anni ha varato misure molto severe su evasione ed elusione fiscale: ragione di più perchè non ci siano ombre sui suoi comportamenti fiscali privati, lui che obbliga tutti gli altri a una condotta rigorosa». E, sempre sul presunto spionaggio, il direttore del Dis, Gianni De Gennaro, riferirà martedì prossimo al Copasir. Il 9 giugno scorso Libero riferisce di un acceso faccia a faccia tra Tremonti e Berlusconi, con il ministro che accusa il premier di «aver messo i servizi segreti alle mie calcagna». Intanto nella maggioranza si consolida la convinzione che l'unica ciambella di salvataggio che ha Tremonti è la Borsa. Ovvero che se il mercato e i titoli di Stato non fossero così esposti alla speculazione e alla crisi di fiducia degli investitori, la testa del ministro dell'Economia sarebbe caduta da tempo. Abbandonato da Berlusconi che si è visto imporre una manovra economica impopolare, inviso ai colleghi di governo, mollato dalla Lega, e ora con l'intervento della Procura di Roma, il futuro di Tremonti è appeso a un filo.