Silvio pensa di nominare un vicepremier forte

Per ora è un intervento alla mano. Una piccola operazione al tunnel carpale della mano destra. Nel pomeriggio Silvio Berlusconi ha effettuato l’intervento e ha lasciato la clinica Humanitas di Rozzano, vicino Milano. Ed è tornato a casa. Forse è solo l’«antipasto», nell’entourage del Cavaliere si parlava già di un secondo ricorso al bisturi dopo l’estate che però non è in calendario. Si vedrà. Di sicuro gli italiani si dovranno abituare a un Berlusconi più assente. Apparirà di meno. Lui in privato continua a sfogarsi: «Basta, me ne vado ad Antigua». Ma non pensa di mollare. Al contrario. Il suo chiodo fisso è arrivare a fine legislatura. Magari nominando un vicepremier politico. Tipo Franco Frattini. O Gianni Letta. Qualcuno che sia pronto a difendere il governo nelle scelte più difficili che si appresta a fare. Per esempio in campo economico: nessuno esclude più un'altra manovra, forse ancora più pesante, in arrivo in autunno. La domanda è: chi la farà? Nel Pdl ormai tutti si aspettano le dimissioni di Giulio Tremonti. Alcuni fedelissimi del Cavaliere se le augurano addirittura. Anche perché andare a chiedere altri sacrifici agli italiani con la faccia di un ministro che ha vissuto in un appartamento da 8500 euro al mese, anche senza reati è quasi "pericoloso". «Ci verranno a prendere con il forcone», dice un berlusconiano convinto. Si ragiona sul dopo Tremonti indipendentemente dagli eventuali sviluppi giudiziari. La difesa goffa e a tratti ridicola (su internet già girano una quantità enorme di parodie) del superministro sono già abbastanza per aver messo decisamente in crisi la sua immagine. L'idea di Berlusconi è quella di sistemare un candidato gradito al Quirinale. Il nome che circola da più tempo è quello di Lorenzo Bini Smaghi. Come contrappeso il Cav pensa di rafforzare la guida politica, nominando appunto un suo vice a palazzo Chigi. Ma sul Colle gradiscono di più un nuovo premier con una maggioranza più larga (non con una coalizione di segno opposto). Si tratta per non rompere il precario equilibrio con il Quirinale. Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, fa dunque sapere: «Quando il Capo dello Stato indica una politica "debole e divisa", descrive un rischio da non sottovalutare, e che tutti gli attori politici e istituzionali sono chiamati a contrastare». E rilancia: «Il Pdl si muoverà a tutto campo: sostenendo e sollecitando l'azione riformatrice del governo, non smettendo di cercare il confronto parlamentare con l'opposizione che finora lo ha sistematicamente rifiutato, dedicando attenzione vera e non rituale alle proposte delle parti sociali, che intendiamo coinvolgere in una discussione serrata, a partire dalla necessaria accelerazione liberale in economia». «Ovviamente - aggiunge il segretario Alfano -, tutto deve avvenire nel rispetto della fisiologia democratica e degli elettori: la cornice è quindi quella del diritto-dovere di governare dell'esecutivo scelto dagli italiani nel 2008 e tuttora legittimato da una consistente base parlamentare, fino alla scadenza naturale della legislatura». Ma l'eventuale rimpasto post-vacanze dovrebbe vedere anche un nuovo assetto al ministero dell'Interni. C'è da nominare il sostituto di Francesco Nitto Palma, che ha appena traslocato al dicastero della Giustizia. Al Viminale, dove resta un solo pidiellino attorniato da leghisti, l'attuale Guardasigilli era titolare della delega sui vigili del fuoco e soprattutto delle nomine dei prefetti: quest'ultimo è uno dei compiti più delicati che va a toccare uno dei punti nevralgici della struttura dello Stato. Proprio per questo all'ultimo momento il «responsabile» Elio Belcastro, che era stato destinato al Viminale, è stato dirottato all'Ambiente.