Inutile avere un ministro anatra zoppa
Mentre a conclusione di una settimana nera, solo in extremis rasserenata dall'ipotesi di accordo sul debito Usa, un'altra onda di vendite piombava sulla borsa e sui titoli pubblici, Giulio Tremonti si è abbandonato a battute, sfoghi e riflessioni di carattere sia personale sia, per così dire, tecnico. Cominciamo dalle ultime. Il ministro ha constatato che una zona euro con 17 paesi, 17 diverse economie e 17 abitudini sociali e amministrativi non può sostenere una moneta unica: «Se non c'è un tesoro comune, non può esserci un euro credibile». Dopodiché ha rilanciato la sua idea di emettere eurobond, cioè Bot o Btp europei, quale unica soluzione per uscire da tranelli come quelli che gli aiuti diretti alla Grecia riservano alle casse pubbliche italiane, che con il debito al 120 per cento del Pil soffrono molto più di quelle francesi, tedesche, olandesi. Al punto che, secondo alcuni rumors, la nostra stessa partecipazione al salvataggio-bis sarebbe in forse. Parole giuste quelle di Tremonti, ma che racchiudono una evidente contraddizione. Se non si ha fiducia nella attuale architettura dell'euro – e il ministro avrebbe più di una ragione – non si può contemporaneamente insistere per titoli comuni. È infatti esattamente quella la spiegazione o il pretesto dati dalla Germania per il nein agli eurobond. Ma soprattutto non pare questo il momento, per un ministro dell'Economia, di ostentare humour nero. Certamente Tremonti voleva segnalare che i problemi dell'Italia sono di tutta l'Europa. E che la campana che oggi suona per noi domani potrebbe suonare per il Belgio, per la Francia, perfino per la stessa Germania. Tutto giusto. Ma non devi dirlo se rappresenti nel mondo un paese ormai sospeso tra la serie A e B, a forte rischio di essere ricacciato tra i «Pigs», l'acronimo di Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna che in inglese vuol dire «maiali». In altri termini stiamo rischiando di scendere in quell'«euro B» che secondo molti è il vero obiettivo della Germania, che disporrebbe così di una moneta ancora più forte, divenendo un formidabile polo di attrazione di capitali, e soprattutto non dovrebbe rendere conto ai propri elettori dei vizi del Club Med o degli isolani irlandesi e islandesi. Se questo è il disegno, le condizioni si manifestano proprio adesso. I tassi dei decennali italiani sono prossimi al 6 per cento, come quelli spagnoli. E lo spread dei nostri titoli pubblici è ormai a ridosso di quelli di Madrid. Ieri Moody's ha annunciato che potrebbe ridurre il rating della Spagna: oggi è di AA2, lo stesso che l'agenzia riserva all'Italia. Facile dedurne che dopo potrebbe toccare a noi. Finire in un euro di secondo livello potrebbe anche illudere: avremmo una moneta più svalutabile e minori vincoli sui conti pubblici. Ma si tratterebbe, oltre che di una sconfitta politica ed economica, di un grande rischio paragonabile alla droga: la stessa che in passato ha prodotto il debito pubblico record che ci troviamo sulle spalle. Senza contare che i nostri risparmi, il valore delle case, la nostra capacità di potere d'acquisto all'estero, tutto si troverebbe immediatamente deprezzato. Quindi bisogna reagire. E il primo a doverlo fare è proprio Tremonti. Lo abbiamo visto un po' incerto soprattutto sulla vicenda di Marco Milanese con annessi e connessi, abitazione in primis. Bene, avere un ministro dell'Economia anatra zoppa non conviene né all'Italia, né al governo né ovviamente all'interessato. Se possiamo permetterci un rispettoso consiglio: Tremonti faccia piazza pulita e chiarisca in fretta ciò che deve. E rimetta subito la testa sui problemi veri. Magari prestando più attenzione all'appello giunto dal mondo dei produttori: è vero che la crescita non la fissa il governo, però senza governi forti non c'è crescita. E quindi non c'è futuro. Non ci interessa la vita privata del ministro, né le tiritere sulla macchina del fango: ci interessa invece che faccia il suo lavoro come ha dimostrato in questi tre anni. Allora torneremo a sorridere alle sue battute, quasi sempre azzeccate.