Addio a Palazzo Marini 180 onorevoli senza ufficio
L'avviso di sfratto in realtà è già partito. E per una volta a uscire con le scatole di cartone sotto braccio non saranno i normali cittadini ma i 180 onorevoli che occupano le stanze di Palazzo Marini Uno, nella centralissima piazza San Silvestro. Già, complice la necessità di razionalizzare le spese di gestione, la Camera dei deputati ha già comunicato alla proprietà la volontà di esercitare il diritto di recesso del contratto di affitto dell'immobile preso in locazione nel '97 dalla Milano '90 srl del costruttore Sergio Scarpellini. Un annuncio in realtà già fatto da Montecitorio in occasione delle stilettate lanciate contro la casta dal precario Spider Truman su Facebook. Allora fu il capo ufficio stampa della Camera, Giuseppe Leone, a spiegare che la disdetta sarebbe stata efficace dal primo gennaio del 2012. Con un risparmio quantificato in circa 14 milioni di euro pari al canone di affitto annuale rivalutato con gli indici Istat. Il problema è ora quello di trovare una nuova sistemazione agli onorevoli che a partire dal prossimo anno non avranno più i loro uffici a disposizione. Montecitorio, però, si sarebbe già attivato per trovare un'alternativa passando per i canali dell'Agenzia del Demanio. L'ente statale che si occupa di gestire i beni dello Stato ha così nel mese di giugno pubblicato un avviso di ricerca di immobili per conto di un'importante istituzione dello Stato. La ricerca prevede uffici ubicati nel centro storico della città di Roma tra piazza Augusto Imperatore, piazza del Popolo, corso Rinascimento e via Sant'Andrea delle Fratte. E con una superficie compresa tra 25.000 e 40.000 metri quadrati. Nessun riferimento alla parte acquirente ma le dimensioni richieste, l'importanza dell'istituzione coinvolta nella trattativa e l'impellenza di trovare posto ai deputati delineano con un ristretto margine di incertezza circa la volontà della Camera dei deputati. Il margine di dubbio potrebbe comunque essere sciolto già da oggi perché le offerte da valutare dovevano arrivare alla filiale Lazio dell'agenzia del Demanio entro mezzogiorno del primo agosto. Nell'attesa restano in piedi i contratti dei Palazzi Marino 2, 3 e 4 che complessivamente la Camera affitta per i suoi deputati a 53,5 milioni di euro l'anno. Per questi non esiste nessuna clausola che consenta una exit strategy per Montecitorio. Sempre Leone ha affermato infatti «per gli altri tre Palazzi Marini esiste un vincolo contrattuale, senza facoltà di recesso, con scadenze rispettivamente nel 2016, 2017, 2018 e che pertanto non potranno essere, fino ad allora, annullabili né modificabili da parte della Camera». Per ora dunque resta tutto fermo. Le possibilità di risparmiare altre risorse sono rinviate agli anni futuri. A perdere gli incassi sarà comunque, per ora, il gruppo Scarpellini che ha cercato, secondo fonti vicine al dossier, di tessere una trattativa per salvare il primo contratto e salvaguardare gli altri tre. Allo stato con poche chance di successo. Anche se i legali del gruppo immobiliare hanno tenuto a ribadire che nel costo dell'affitto degli immobili sono da ricomprendere una serie di servizi aggiuntivi garantiti come la vigilanza, tutte le manutenzioni degli impianti e dello stabile, gli arredi e altro. Insomma non si tratterebbe solo di un affitto e basta. La disdetta degli accordi rischia così di mettere a repentaglio anche la sorte lavorativa di 300 persone assunte da Scarpellini per garantire questi servizi a Palazzo Marini. Per questo però sarebbe allo studio anche un'ipotesi elaborata dagli uffici della Camera. Una società pubblica-privata a cui affidare la gestione degli stessi servizi e nella quale far confluire gli stessi lavoratori.