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Lotta all'ultimo voto per evitare il default Usa

Barack Obama

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Niente da fare. La scadenza del 2 agosto non basta a mettere d'accordo i due maggiori partiti degli Stati Uniti. E lo spettro del default si avvicina. Dopo la bocciatura da parte del Senato Usa del piano del repubblicano Boehner (approvato solo due ore prima alla Camera) per la riduzione del deficit ieri sera è arrivata la risposta della stessa parte politica alla controproposta democratica fimata dal leader, Harry Reid. Un progetto visto come un nuovo barlume di speranza per evitare il default e incoraggiato anche dalla Casa Bianca: «Il piano di Reid va passato alla Camera». Entusiasmo subito spento dal contrattacco dei senatori repubblicani. Quarantatre di loro hanno spiegato in una lettera che non lo voteranno. Di fatto vanificando la possibilità che la proposta possa proseguire il suo iter al Congresso. Eppure sul piano firmato da Reid qualche speranza era stata nutrita perché rivisto incorporando alcune richieste repubblicane. La proposta concede ad Obama di aumentare il tetto del debito di 2.400 miliardi di dollari in diverse fasi con l'appoggio del Congresso, che potrà respingere le richieste del presidente. I tagli sono per 2.200 miliardi di dollari. Non è previsto nessun aumento delle tasse né cambi ai programmi sociali, quali il Social Security e il Medicare. Il piano prevede la creazione di una commissione per determinare ulteriori risparmi nella sanità e nella revisione del codice fiscale. I programmi discrezionali saranno tagliati di 752 miliardi di dollari in dieci anni. Il livello delle spese discrezionali è previsto a 1.045 miliardi di dollari per il prossimo anno fiscale, ovvero 4.000 miliardi di dollari in meno rispetto ai livelli attuali. È previsto un tetto alle spese militari e di sicurezza per i prossimi due anni fiscali. Il piano anticipa risparmi per 1.044 miliardi di dollari con la fine delle guerre in Iraq e in Afghanistan. I risparmi dalla riduzione degli interessi sul debito si attestano a 376 miliardi di dollari. Insomma l'America e forse il mondo si gioca il suo futuro si questo progetto. Ma del compromesso non si vede nemmeno l'ombra. E la tensione sale: il tempo a disposizione per raggiungere un accordo sta per scadere e le prossime ore saranno determinanti. Il leader dei repubblicani in Senato, Mitch McConnell, ritenuto dalla Casa Bianca e dai democratici l'uomo chiave per un compromesso, non sembra ancora pronto a sedersi al tavolo delle negoziazioni e ha chiesto che l'amministrazione dica cosa accetterebbe come compromesso. McConnell per trattare ha chiesto anche il coinvolgimento diretto della casa Bianca. Fra Capitol Hill e l'amministrazione il filo è diretto per cercare di sbloccare l'impasse.  Obama è alla Casa Bianca, nessun appuntamento ufficiale è previsto e non è escluso che il presidente scenda di nuovo in campo per cercare di sciogliere il nodo del debito prima dell'apertura dei mercati di lunedì. Le piazze finanziarie finora hanno retto, mostrando solo nelle ultime sedute una maggiore tensione, ma il rischio che la settimana prossima ci sia un crollo è reale. Una bruscata frenata dei mercati domani potrebbe aumentare la pressione per un accordo. «È il momento di agire per gli americani. È il momento di un compromesso» ha affermato Obama invitando repubblicani e democratici a «dimostrare la stessa responsabilità che gli americani mostrano ogni giorno. Il momento di mettere il partito prima è finito». «Ogni soluzione deve essere bipartisan: il Congresso deve trovare un terreno comune su un piano che possa ottenere l'appoggio di ambedue i partiti alla Camera. Dobbiamo raggiungere un compromesso entro martedì». Obama ha messo in guardia sui rischi di un downgrade, che sarebbe «imperdonabile e interamente dovuto a Washington». Il piano Reid è la base per un compromesso secondo la Casa Bianca. La soluzione dello speaker della Camera, John Boehner, è definitivamente tramontata con il Senato che l'ha respinta. E ora si guarda solo alla ricetta Reid. Nel testo è stato inserito un aumento del tetto del debito in più fasi, come chiesto dai repubblicani e previsto nel piano di McConnell delle settimane scorse, ma non dipendente da ulteriori tagli alla spesa. «Il piano si può modificare» ha evidenziato Reid. Ma i repubblicani, con l'influenza dei Tea-Party che ritengono questa una grande occasione per affrontare in modo deciso il risanamento dei conti pubblici, continuano a dire no. E il mondo finanziario internazionale, Cina in testa, guarda con apprenssione alle prossime messe. Mettendo nel conto le strategie per evitare un possibile effetto domino.

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