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«Il gemellaggio dopo quarant'anni gesto d'amicizia»

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PESCARA«Non sono abruzzese, ma dopo quarant'anni mi fa piacere». Un pezzo della vita di Claudio Petruccioli si intreccia saldamente con questa terra non sua, sì perché nel 1971, nei tre giorni dei moti per il capoluogo, era lui il timoniere regionale del Partito comunista. Ha voluto ricordarlo con un libro «L'Aquila 1971 anatomia di una sommossa» in cui ricostruisce, tra memorie personali e documenti, quella profonda lacerazione che oggi, con un gemellaggio tra L'Aquila e Pescara, si vuole provare a ricucire. Che senso ha un gemellaggio tra due città della stessa regione, separate da cento chilometri di strada? «Guardandolo dal di fuori mi viene da dire che si tratta di un simbolico gesto di amicizia. Lo leggo sicuramente con questo spirito, ma credo che oggi tutte le città abruzzesi si sentano unite in un progetto comune. Ecco, considerando che in passato ci sono state rivalità e incomprensioni tra ambienti dell'una e dell'altra città mi sembra che sia un bel modo di chiudere la vicenda: come sorriderci su e farsi insieme un bicchiere di vino». Ma volendo riempire questo gesto simbolico di contenuti? «Non ho dubbi, il primo obiettivo è quello di ricostruire e ripensare L'Aquila e rifarla all'altezza del Terzo Millannio. Non è compito solo dell'Abruzzo, ma dell'Italia tutta intera, una sfida difficilissima e straordinaria. Non è un giudizio, ma se fossi in Abruzzo e se avessi qualche incarico istituzionale non farei trascorrere un minuto della mia giornata senza pensare alla ricostruzione». Il ricordo più vivo dei giorni della sommossa. «Il freddo e il silenzio. Arrivai all'Aquila nel primo pomeriggio del 27 febbraio ed era veramente freddo. Partii da Pescara con D'Angelosante ed Esposto avendo le notizie del subbuglio e rimasi colpito dal deserto e da un silenzio vivo e strano per quell'ora. Ci fu una grande distanza tra quello che mi aspettavo e quello che trovai e fu la cosa che mi impressionò di più. Questo silenzio mi ha ripreso in maniera veramente profonda e dolorosa quando sono tornato dopo il terremoto». In molti hanno accostato la rivolta per il capoluogo al «movimento delle carriole», alla città in piazza per la ricostruzione. «Quando ci sono delle mobilitazioni alcuni elementi si somigliano sempre, ma devo dire che le motivazioni mi sembrano molto diverse. Oggi siamo di fronte a una tragedia... va detto però che anche allora il valore di quei problemi sembrava enorme. Per me fu un esperienza breve e travagliata: ma un pezzo della mia vita è in quella regione, alla quale ho voluto e voglio molto bene. Ricordo ancora uomini donne, luoghi e città. E li ricordo con molto affetto».

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