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segue dalla prima di FABRIZIO DELL'OREFICE Poi fa sapere che bisogna adeguarsi.

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Silegge che il premier «ha rivolto al Consiglio ed ai singoli ministri un pressante invito a tenere in debito conto le osservazioni formulate dal presidente della Repubblica sulle recenti istituzioni di sedi periferiche di strutture ministeriali ed ha quindi chiesto a tutti i ministri di tenere comportamenti conseguenti». Nel pomeriggio sale al Quirinale, parla appena qualche minuto con il presidente della Repubblica: giusto per sciogliere il gelo creatosi nelle ultime settimane. I due assistono alla cerimonia di giuramento dei due nuovi ministri: Anna Maria Bernini alle Politiche Europee e Francesco Nitto Palma alla Giustizia. Quest'ultimo non si era ancora insediato che già lanciava segnali distensivi: «Il contrasto tra magistratura e politica deve finire»; «mi impegno ad avere un dialogo chiaro con l'opposizione politica e principalmente con la magistratura e l'avvocatura». Lo chiamano «metodo Schifani». Il nuovo Guardasigilli è un uomo vicino al presidente del Senato anche se la sua scalata a via Arenula è stata fortemente sponsorizzata anche dal capogruppo Maurizio Gasparri. Come anche legato a Schifani è pure Angelino Alfano, che proprio ieri ha presieduto la prima seduta del «tavolo delle regole» del Pdl, aprendo così effettivamente la nuova fase del partito. Ma il vero nuovo corso si è aperto proprio a palazzo Madama. Se Fini ormai è fuori gioco visto che più che una figura istituzionale è un capo dell'opposizione a tutti gli effetti, Schifani sta provando a dettare la linea. Due giorni fa in Aula è stato approvato a larga maggioranza il decreto sulle missioni internazionali, il cui relatore era il senatore Giuseppe Esposito, solitamente in sintonia con l'uomo seduto sullo scranno più alto. Dichiarava Esposito a provvedimento varato: «L'approvazione del decreto legge di rifinanziamento delle missioni internazionali è un importante segnale che lanciamo proprio nel giorno in cui rientra in Italia un ulteriore militare caduto in Afghanistan. Per questo ringrazio tutte le forze politiche ed il governo per il lavoro costruttivo portato avanti in questi giorni. Un lavoro che ha consentito di migliorare il decreto attraverso l'introduzione di nuove norme in merito alla cooperazione e al contrasto della pirateria e prevedendo la diminuzione dei nostri militari nei teatri di guerra con un coinvolgimento del Parlamento in fase di decisione». Insomma, nel solco della coesione nazionale. Non era una dichiarazione a caso. Ieri Schifani ha presieduto un convegno sulla giustizia, accogliendo così una richiesta che veniva da Marco Pannella e Rita Bernandini in sciopero della fame da decine di giorni. Alla manifestazione alla sala Zuccari arriva anche Giorgio Napolitano, la sintonia tra i due è ancora più evidente. Prendendo spunto dalle richieste dei Radicali, il numero uno di palazzo Madama rilancia il concetto chiave: «Il problema del sovraffollamento delle carceri e della giustizia va affrontato con grande urgenza e nello spirito di coesione nazionale che è indispensabile per ogni processo di riforme». Sempre al Senato il governo accelera sul processo lungo e pone la fiducia. Una legge che consentirebbe di annacquare il processo Ruby, l'ultimo grande procedimento che inquieta il Cavaliere che non vuole passare alla storia con una condanna per sfruttamento della prostituzione. Se in pratica ne uscisse pulito da quell'aula di tribunale potrebbe seriamente prendere in considerazione l'ipotesi di una uscita di scena. Almeno così ha più volte ribadito in privato. Si vedrà. Quel che è certo è che anche nel Pdl è in corso una vera e propria accelerazione. Anche il dualismo interno è sempre più spiccato. Con Alfano da un lato e Roberto Formigoni che scalpita dall'altra, spalleggaito anche da Gianni Alemanno che ieri è tornato a chiedere il congresso nazionale. Un modo per contarsi in uno scenario virtuale da dopo Berlusconi.

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