Il teorema degli uguali
Napolitano è preoccupato per i ministeri al Nord. Bersani è preoccupato per le inchieste sui compagni che sbagliano. Alemanno dice che ogni insulto di Bossi è una medaglia. Il debito italiano soffre. La Casta s’offre. È la fotografia di una splendida giornata del Belpaese, clima semivacanziero per troppi in una nazione che ha un Pil dell’1%. Apriamo il giornale con uno studio della Camera sugli stipendi degli onorevoli: sono alti, con troppi benefit, mega liquidazioni e pensioni d’oro. La manovra ha decretato che Pantalone paga subito e la Casta forse paga dopo. Una cosa è certa, i privilegi vanno tagliati. Non per dar retta all’antipolitica, che non ci piace, ma per spirito di servizio nei confronti del Paese e per rispetto dei contribuenti. Al di là della propaganda non si vedono alternative a questo governo. D’altronde, se l’alternativa è quella di un partito, il Pd, che il suo segretario considera «diverso» e non invece parte del sistema italiano allora, cari lettori, si capisce perché il dna dei post comunisti non si è evoluto rispetto agli anni berlingueriani. Si credevano diversi quando erano Pci, si immaginano diversi quando sono Pd. In realtà l’unica diversità è quella della politica tout court, lontana dagli ideali e dal pragmatismo, dalla cultura e dall’impresa. La maggioranza ha seri problemi, ma l’opposizione annaspa. Il giustizialismo sta ammanettando chi lo brandiva come una clava. Tutto ruota intorno alla questione giustizia, tutti sono prigionieri di un’inchiesta, di un potenziale avviso di garanzia. Un Paese in scacco che non riesce ad uscire dallo schema del 1992. Dopo 17 anni nessuna vera riforma della giustizia è stata fatta, e la colpa non è solo di Berlusconi, ma anche di una sinistra che ciecamente ha armato ieri i suoi carnefici di oggi.