Alemanno e gli insulti di Bossi «Sono medaglie sulla mia giacca»
seguedalla prima di ALESSANDRO BERTASI Se la prende con la Lega. Ne denuncia lo strapotere all'interno della maggioranza a tal punto che, ironicamente, appena si presenta l'occasione si sfoga: «Ogni insulto di Bossi è una medaglia che mi attacco sulla giacca». E, «con gli insulti della Brambilla, arrivo a due medaglie». Il primo cittadino della Capitale inizia a mettere in chiaro le cose. Lo fa davanti a quel milione e mezzo di spettatori che, ieri mattina, stavano guardando la puntata di Omnibus su La7. Una ghiottissima occasione per lanciare un messaggio inequivocabile non solo al Senatùr ma a tutti quelli che, con lui, hanno partecipato alla «buffonata» dell'inaugurazione degli uffici decentrati dei ministeri a Monza. Nel mirino del sindaco finiscono quindi anche i colleghi del Pdl Giulio Tremonti e Michela Brambilla ai quali fa un esplicito invito: «Finché vanno a fare le buffonate di Monza, vanno a dire che hanno fatto la sede separata dei ministeri, è ovvio che il sindaco di Roma dice: "Andate al diavolo"». Eppure, se sulle offese di Bossi («Alemanno è come la Moratti. Non ha fatto nulla») e sulle «buffonate» di Monza, il primo cittadino scherza, appena gli argomenti di discussione riguardano il futuro del Paese e quello della maggioranza ecco che il tono della sua voce cambia. E dalle battute, si passa agli aut-aut. «È ora di riforme oppure meglio andare a casa» è l'appello. La priorità una volta ripresi i lavori del Parlamento a settembre, spiega Alemanno, è «uscire dal derby giustizialista e parlare di cose serie». Impegni che poco dopo vengono esplicitati: «Va fatta una riflessione sulla legge elettorale e sull'economia». Due temi caldi che il sindaco affronta dettagliatamente. Per quanto riguarda la riforma elettorale parte dal presupposto che «il meccanismo delle liste bloccate ha avuto un effetto devastante sul Parlamento e sui partiti» e quindi «o si rimettono le preferenze o si rimettono i collegi o si fanno le primarie per legge» perché «l'idea che sia interrotto il rapporto tra elettore ed eletto ha devastato tutto quanto». Una proposta che Alemanno potrà presentare direttamente domani alle ore 12 quando si riunirà per la prima volta il neonato «Gruppo delle regole» voluto dal segretario del Pdl, Angelino Alfano, per scrivere il vademecum per l'elezione degli organismi di partito. Per quanto riguarda invece la sfera economica, dal sindaco arriva l'esplicita richiesta di «un'ulteriore seria riflessione dopo la manovra bis. Qualcosa di più strutturato e più serio» perché, «sul versante degli enti locali, questa legge è una follia». Una manovra talmente drastica che costringerebbe molti Comuni italiani ad aumentare i tributi locali per far fronte ai tagli. Ma questo nella Capitale non dovrebbe accadere. Infatti il sindaco ha assicurato che a Roma non verrà aumentata la tassa sui rifiuti: «Purtroppo lo abbiamo già fatto e non lo possiamo rifare». Eppure Alemanno, comunque vadano le cose, pensa già al 2013. Nei suoi ragionamenti, per quell'epoca il Cav dovrebbe fare un passo indietro. «È giusto che Silvio Berlusconi non sia più il candidato premier del centrodestra» perché, «è giusto che il nuovo candidato debba uscire dalle primarie e attraverso un dialogo forte col terzo Polo». E così anche Alemanno, come stava facendo in contemporanea Alfano durante una conferenza stampa con Adolfo Urso e Andrea Ronchi, ritiene indispensabile ricomporre la casa dei moderati. Un sodalizio che, come spiega, non solo potrebbe riportare il centrodestra a vincere ma ridimensionerebbe anche la Lega. E allora che il corteggiamento abbia inizio. A Casini si rivolge in termini di sfida («vada davanti all'Italia a dire "ho scoperto la convergenza programmatica con Vendola"» mentre tende la mano all'ex leader di An: «Fini ha finalmente ridetto che è di centrodestra e che lì vuole restare. Questo è un fatto che non può essere eluso». Tutto, quindi, sembrerebbe essere stato pianificato. E intanto la battaglia di Alemanno continua. Se la prende con le Province definendole «enti inutili per eccellenza», suggerisce Alfredo Mantovano come prossimo ministro della Giustizia e ribadisce che sulle missioni militari all'estero il «rifinanziamento è inevitabile» anche se «è necessaria una riflessione fuori dagli schemi ideologici». Ma il tema che più lo tocca è sicuramente la questione morale che sta colpendo la politica italiana: «Sul fronte della giustizia non si può fare di tutta un'erba un fascio. Non vanno costituiti teoremi secondo cui nel centro destra ci sono una manica di ladri». Poi una velata chiosa sullo scandalo «parentopoli»: «Non si possono paragonare dieci assunzioni sospette all'Ama, su cui sta indagando la Magistratura» con fatti «più gravi». Sicuramente anche alla sinistra in quel momento stavano fischiando le orecchie.