Maroni piace ma non troppo. La Lega vuole ancora Bossi

«No comment». Nella Lega è il giorno del silenzio. Nessun nordista vuole parlare di quello che sta accadendo dentro al movimento né tanto meno intende farlo il ministro Maroni che avrebbe dato chiare disposizioni al suo staff: «Osservo un rigoroso silenzio stampa». Tutto secondo copione. Dopo le "dovute" rassicurazioni di giovedì indirizzate all'amico Senatùr («nella Lega c'è un gruppo compatto sotto la guida salda di Umberto Bossi») è ora di tornare al proprio posto. Mercoledì, quando la Lega aveva deciso di votare «sì» all'arresto del deputato Pdl Alfonso Papa, il ministro dell'Interno aveva dato dimostrazione di avere un folto gruppo di parlamentari pronti a seguire le sue indicazioni. Ora è il momento di rassicurare la base. Far capire che mai verrà messa in discussione la leadership del «Capo». E così ecco che le uniche parole che escono dalla Lega, più o meno ufficiali, mirano a smorzare le polemiche: «Siamo compatti. Sbagliano quelli che parlano di correnti e soprattutto sbagliano quelli che dicono che Maroni voglia mettere all'angolo Bossi. Non accadrà mai anche perché è la stessa base che non glielo permetterebbe». E questo lo sa bene anche il sindaco di Verona, Flavio Tosi, maroniano doc, che ieri, ha dichiarato: «Il segretario (Bossi, ndr) noi già l'abbiamo ma Maroni come premier sarebbe il massimo». Per un giorno quindi Maroni preferisce occuparsi d'altro. In mattinata si presenta al Consiglio dei ministri. Ad attenderlo c'è un duro faccia a faccia con Berlusconi. Eppure tra i due non solo non sembra esserci stato alcun redde rationem ma addirittura il Cav avrebbe chiesto prima di far pervenire i suoi auguri al Senatùr, reduce da un'operazione, e poi avrebbe invitato il titolare del Viminale ad esporre «i brillanti risultati conseguiti dal governo nella lotta alla criminalità». La resa dei conti sembra dunque rinviata a data da destinarsi. È invece un'altro il tema che ha tenuto vivo il dibattito tra Lega e Pdl. Un vero e proprio giallo a riguardo dell'annunciato via libera dato dal Cdm a un disegno di legge di riforma costituzionale delle istituzioni, che porta la firma di Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Per il Pdl e Berlusconi si tratterebbe solamente di un'approvazione «condizionata» ad alcune modifiche che saranno presentate entro settembre mentre per palazzo Chigi e per Calderoli il testo votato sarebbe già quello definitivo. Ed è proprio quest'ultimo a mettere la parola fine alla questione esprimendo la «grande soddisfazione» leghista: «Non ci sarà comunque nessun nuovo passaggio in Cdm. Si è trattato di lapsus del premier».