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L'ultima beffa di Alberto Tedesco, senatore Pd salvato dall'arresto al contrario di Alfonso Papa, arriva con una intervista a «La Stampa»: lascio il partito Democratico.

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Cosìl'ex assessore della Sanità in Puglia ha deciso di abbandonare il partito che lo aveva fatto eleggere a palazzo Madama «raccogliendolo» tra i socialisti. Non prima però di aver dato sfogo alla sua rabbia contro gli ex colleghi Democratici. Ma soprattutto annunciando che comunque lui a lasciare il posto al Senato che gli garantisce di non essere messo agli arresti domiciliari non ci pensa proprio. «Dal Pd non mi hanno neanche chiamato come si farebbe con una colf che si licenzia, mi hanno chiesto le dimissioni a mezzo stampa» attacca Alberto Tedesco ma visto che «non vedono l'ora che me ne vada, li accontenterò tra qualche ora scrivendo una lettera di dimissioni al segretario». Lettera di cui comunque ieri non c'è stata traccia. Tedesco risponde poi a Rosy Bindi, spiegando che «polemizza» con lei perché è il presidente del partito: «Dice che non vuole vedere turbato il partito da un ex socialista, questo la dice lunga sulla cultura garantista della signorina Bindi. Se si è socialisti si è delinquenti per definizione». Perché, aggiunge, «non chiedono le dimissioni anche a Penati? A un ex comunista si consente di dimostrare che è innocente...». Il senatore se la prende anche con chi, come Veltroni ed Enrico Letta, hanno chiesto un suo passo indietro: «Se c'è qualcuno che ha fatto del male al Pd e al Paese col suo rilancio dipietrista è Veltroni». E Letta «non sa scegliere i dirigenti» e «ha portato in Parlamento uno come Boccia che non riesce nemmeno a far eleggere un consigliere comunale nel suo Comune...». Duro il giudizio di Sandro Gozi. «Tedesco faccia un esame di coscienza è patetico che dica di lasciare il Pd rimanendo avvinghiato al suo seggio di senatore». Tuttavia, ha aggiunto, «il caso Tedesco è un bubbone, sintomo di una patologia ventennale che affligge la politica nazionale e che va estirpato con un radicale rinnovamento della politica italiana e di chi la fa». Occorre, ha insistito, «una netta discontinuità a tutti i livelli con la vecchia classe dirigente».

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