Quando Silvio Berlusconi telefonò al funzionario della Questura per fare in modo che Ruby fosse affidata a Nicole Minetti non stava esercitando «prerogative istituzionali», ossia non agiva nelle funzioni di premier.
Rispedendoal mittente, in particolare, l'istanza con cui la difesa chiedeva che le «carte» passassero al Tribunale dei Ministri. Per Ghedini, i giudici con una «ordinanza fuori da ogni logica» hanno in sostanza avallato «le gravissime violazioni di legge» compiute dai pm, proseguendo, a suo dire, nel solco delle decisioni contrarie a Berlusconi prese dal Tribunale di Milano «e a cui siamo abituati». La difesa, tra l'altro, aveva «piazzato» nelle eccezioni anche una richiesta diretta di assoluzione, ma il collegio ha risposto che «nella fase preliminare al giudizio non è consentita una pronuncia di proscioglimento nel merito». Respingendo l'eccezione di incompetenza funzionale, i giudici hanno ritenuto che deve essere «disattesa la tesi prospettata dalla difesa che vorrebbe sovrapporre "qualità e funzione"» del presidente del Consiglio. Non basta, infatti, secondo i giudici, la «qualifica soggettiva» di primo ministro perchè il presunto reato sia ministeriale, ma serve anche un «rapporto di connessione tra le funzioni esercitate e il fatto di reato». Altrimenti, si legge, «si giungerebbe all'errata conclusione» per cui tutti i reati commessi dai componenti del Governo «con abuso della qualità (come nel caso di Berlusconi, secondo i pm, ndr) sarebbero compiuti (...) nell'esercizio della funzione di governo». Nel caso Ruby, secondo i giudici che hanno anche richiamato l'uguaglianza di tutti davanti la legge, «la contestazione elevata a carico dell'imputato non consente di ravvisare (...) un rapporto di strumentale connessione tra la condotta e l'esercizio delle prerogative istituzionali». E ciò sia per le «modalità del fatto contestato» che per la «aggravante di aver agito al fine di occultare il delitto di prostituzione minorile». Ad ogni modo, ricorda il collegio, «permangono tutti i rimedi previsti dall'ordinamento» per far valere la questione della ministerialità del reato e «questo Tribunale non può dunque che prendere atto che la Camera dei deputati ha sollevato conflitto di attribuzione» davanti alla Corte Costituzionale. In linea teorica, ci si poteva aspettare che alla prossima udienza, (3 ottobre, quando proseguirà anche l'udienza preliminare per Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti), la difesa chiedesse la sospensione del processo, in attesa della decisione della Consulta. Ghedini, però, lasciando il Tribunale, ha risposto con un «no, non credo», spiegando che «l'unico posto dove si potrà fare davvero questo processo sarà in Cassazione», date le «gravissime violazioni di legge» su cui i giudici di Milano «non ha detto una parola». I magistrati hanno ribadito che il processo deve restare a Milano anche «bocciando» la questione di incompetenza territoriale. Per la difesa, infatti, quando Berlusconi telefonò, il capo di gabinetto della Questura, Pietro Ostuni, si trovava a Sesto San Giovanni e perciò la competenza spetterebbe a Monza.