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"Basta scontri tra politica e toghe"

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Basta scontri tra politica e magistratura. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il giorno dopo il voto favorevole della Camera all'arresto del deputato del Pdl Alfonso Papa, coglie l'occasione dell'incontro al Quirinale con i nuovi magistrati in tirocinio, per indicare i binari su cui la politica ma anche le toghe devono muoversi. Ecco quindi che invita ad un uso più equilibrato dei mezzi investigativi. In particolare delle intercettazioni «cui non sempre si fa ricorso, come invece insegna la Corte di Cassazione, solo nei casi di assoluta indispensabilità per le specifiche indagini e delle quali viene poi spesso divulgato il contenuto pur quando esso è privo di rilievo processuale». Il presidente ricorda a questo proposito che il rischio è di ledere la «privatezza dell'indagato, o ancor di più, di soggetti estranei al giudizio». Poi punta l'indice contro «l'intollerabile scontro tra magistratura e politica» e contro certe «condotte che creano un'indebita confusione di ruoli». Napolitano torna a ribadire che «non spetta al Capo dello Stato suggerire o valutare disegni di riforma della giustizia, che sono prerogativa del Parlamento nella sua dialettica tra maggioranza e opposizione» ma sottolinea che l'obiettivo deve essere «un recupero di funzionalità, e insieme di razionale e limpido profilo, del sistema». Bisogna accelerare la riforma ma con un'ampia condivisione. Un ritardo sarebbe dannoso. «Le strozzature del sistema giustizia pesano sullo sviluppo complessivo del paese» e la «grave insufficienza» in questo settore determina una crisi di fiducia nel cittadino. Ma se la politica deve abbassare i toni anche la magistratura deve fare la sua parte evitando personalismi e mantenendosi imparziali rispetto all'immagine del magistrato, evitando tra l'altro incarichi politici presso le proprie sedi. Fin dal 2007, ha ricordato il capo dello Stato, «ho invitato i magistrati a ispirare le proprie condotte a criteri di misura e riservatezza, a non cedere a fuorvianti esposizioni mediatiche, a non sentirsi investiti di improprie ed esorbitanti missioni ad non indulgere ad atteggiamenti protagonistici e personalistici che possono mettere in discussione l'imparzialità dei singoli, dell'ufficio giudiziario cui appartengono, della magistratura in generale». Per esempio, ha chiarito, questo accade «quando il magistrato si propone per incarico politici nella sede in cui svolge la sua attività oppure quando esercita il diritto di critica pubblica senza tenere in pieno conto che la sua posizione accentua i doveri di correttezza espositiva, compostezza, riserbo e sobrietà». Ai neo magistrati in tirocinio, Napolitano chiede di «farsi carico delle ansie quotidiane e delle aspettative della collettività». Subito dopo il discorso Napolitano ha incontrato il ministro della Giustizia Angelino Alfano e il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Michele Vietti. Alfano ha sottolineato che il Capo dello Stato nel suo discorso ha «difeso fortemente l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati e ha richiamato a una serie di doveri connessi a quei principi, che sono essenziali per la credibilità della magistratura».

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