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Papa, lo sfogo del Cav: "Chiarirò con Bossi Il governo non rischia"

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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Esce dall'aula Santo Versace e fa a un collega: «Ecco, d'ora in poi ogni giorno arresteranno un deputato». Spunta Denis Verdini, senza il suo proverbiale sorriso. La faccia tirata. Bello scherzo dalla Lega, vero? Verdini resta interdetto. Ragiona: «È la solita maggioranza. Solo a numeri invertiti. I voti che avevamo ora li hanno loro». In pratica, sono mancati in blocco quelli della Lega. Nel Pdl sono tutti frastornati. Lo si è capito dal silenzio di stupore che è seguito all'annuncio sull'esito delle votazioni fatto da Fini. Lo sconcerto ha pervaso anche i moderati dell'opposizione. Dice Gianluca Galletti, un fedelissimo di Casini, ancora incredulo mentre ragiona su piazza Montecitorio: «Ma davvero l'abbiamo fatto arrestare? Incredibile, assurdo darci questa responsabilità: io sono commercialista». Incredulità, sconcerto, sorpresa. E soprattutto paura: chi sarà il prossimo? È la domanda che serpeggia. Era dal 1984 che la Camera non destinava un deputato al carcere. Ora sarà più difficile respingere le richieste. La prossima è quella di Marco Milanese, ex braccio destro di Giulio Tremonti. Rischia di pagare ormai l'odio che si fa largo all'interno del Pdl nei confronti del ministro dell'Economia. E lui? Silvio Berlusconi? Era arrivato in Aula e s'era visto protestare, agitare le mani quando Casini e Franceschini chiedevano il voto palese. Poi la doccia gelata. Il Cavaliere lascia l'emiciclo e si chiude nella stanza del governo. Batte i pugni sul tavolo. Protesta: «È una vergogna, una vergogna», urla. Prova a spiegare: «Papa aveva detto che voleva sottoporsi al processo. Ma si può mandare prima uno in galera prima che lo stabiliscano i giudici?». Arrivano i vari big del Pdl. Protesta il Cav: «Neanche negli anni di Tangentopoli era accaduta una cosa del genere, c'era stata una ventina di richieste di autorizzazione a procedere e mai la Camera si era espressa a favore». Sotto choc, frastornato. Chi lo aveva sentito in mattinata aveva ascoltato un Berlusconi sereno, tranquillo, che ripeteva: «Andrà bene, andrà tutto bene». Anche Silvio comincia a interrogarsi su cosa stia succedendo. La situazione sembra essergli sfuggita di mano: «Avevamo avuto rassicurazioni da Bossi...», continua a ripetere. Ma ormai nella Lega anche l'Umberto sta per essere sfrattato. Roberto Maroni ha in mano quasi 40 deputati su 60. Berlusconi non se ne riesce a capacitare. Intuisce che si è rotto un argine, come accadde nel '92-'93. Anzi, ormai si è andati anche oltre: «Finora il Parlamento si era espresso a favore solo in casi di reati gravi, come il terrorismo. Quello che non è accaduto nemmeno nel periodo di Tangentopoli è successo oggi per un magistrato». Spiega che l'assalto che sta per arrivare dai pm non risparmierà nessuno. Poi vai via, torna a palazzo Grazioli. Lo segue Ignazio La Russa. E gli altri alla spicciolata. Berlusconi prova a dettare la linea: «Chiederò dei chiarimenti a Bossi, che tra l'altro non si è manco presentato in Aula a votare. Dobbiamo capire. Avevamo avuto delle garanzie e invece...». C'è chi gli fa notare: «Non è possibile che tutte le volte che ci sono problemi interni alla Lega li dobbiamo pagare noi». Berlusconi prova a frenare i bollori: «Sì, è vero. Ma il governo non è in discussione. Neanche Maroni pensa a un esecutivo tecnico». Forse. Quel che è sicuro è che nel Pdl c'è chi medita la vendetta. Proprio mentre si tiene il vertice del Pdl con Popolari e territorio (gli ex Responsabili) ragiona nel cortile di Montecitorio Guido Crosetto: «Vendetta? Ma no, voi giornalisti pensate sempre al titolo e alla reazione di rabbia. In politica non si agisce così». Tradotto: la vendetta va consumata fredda ma va consumata. C'è chi dice a mezza bocca che di fatto verrà fermato il percorso del federalismo fiscale. A Grazioli il Cavaliere fa evaporare la rabbia. Cerca di riorganizzare le idee: «Cercherò Bossi. Chiederò di incontrarlo subito. Voglio capire. Proverò a incontrarlo già domani (oggi, ndr)». È chiaro che la giornata di ieri ha impresso un'accelerazione a tutto. Anche al piano B, che il Cavaliere confessa solo a pochi intimi: l'uscita di scena, il passo indietro. «Ho 75 anni, sostenete Alfano», ripete da giorni. Incontrando i coordinatori regionali ieri mattina aveva detto che il Pdl è al 28%, due punti in più rispetto al Pd. Si può ancora vincere. Angelino Alfano annuncia che si faranno i congressi cittadini e si farà un mega election day interno - in autunno - con primarie aperte per eleggere i leader locali del Pdl. Una grande iniziativa per aprire le porte ai militanti e favorire il ricambio. Nessuno giura che l'attuale governo sarà ancora in carica.

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