Su Papa Bossi fa dietrofront: niente manette
«Niente manette» prima della celebrazione del processo. A sorpresa, da Venezia, il Senatur cambia la linea del Carroccio sulla richiesta di arresto per Alfonso Papa. Nel giorno in cui la prima sezione disciplinare del Csm ha sospeso Papa dalle funzioni e dallo stipendio di magistrato, si apre quindi uno spiraglio per il deputato del Pdl. Il Senatur, che ieri aveva avuto un faccia a faccia con Berlusconi sull'aereo che li ha portati a Milano, si è detto «convinto che le manette non vanno messe mai se prima non facciamo il processo». «Se Papa ha commesso dei reati - ha aggiunto - paghi, ma non va bene mettergli le manette prima, quando ancora non sappiamo se quello che ha fatto è da galera o no». Fare andare in galera una persona non ancora condannata, ha detto citando Craxi e gli anni di Tangentopoli, «non è servito a nessuno, tranne a far andare in politica Di Pietro». Un cambio di rotta quasi previsto dalle opposizioni, che già nel pomeriggio parlavano di una Lega che «abbaia ma non morde» che avrebbe finito per cedere a Berlusconi. I sospetti inizialmente si erano addensati sulla componente 'filogovernativà di Maroni, che però ha subito smentito: «Maroni - dicevano fonti a lui vicine - è convintissimo della necessità di votare sì all'arresto. Non ci può essere alcun sospetto che si voglia far prevalere un "interesse" di casta». Poi invece, in tarda serata, è arrivato il cambio di rotta di Umberto Bossi. Una ragione di più per Papa per sentirsi «sereno», come ha ribadito anche oggi. A questo punto, se le parole del leader del Carroccio corrisponderanno alla scelta in aula di votare no all'arresto, potrebbe non essere più certa - come sembrava - la richiesta del Pdl di voto segreto. Prima delle parole di Bossi il voto segreto avrebbe consentito infatti di recuperare qualche voto leghista o persino nelle file dell'opposizioni, ora invece potrebbe lasciare spazio a dissensi contro Papa. Tutto insomma sembra andare come avevano previsto sia il Pd che l'Idv, con Bossi che alla fine cede alle richieste del premier. «La Lega fa la voce grossa ai telegiornali, ma poi, quando si deve decidere veramente, fa marcia indietro, si piega al volere di Berlusconi che ormai la comanda a bacchetta», aveva detto in serata la capogruppo del Pd nella Giunta per le autorizzazioni alla Camera, Marilena Samperi. «Forse il vero capo della Lega non è più nè Bossi, nè Maroni, bensì Berlusconi», rincarava il portavoce dell'Idv, Leoluca Orlando. Mercoledì 20 luglio c'è anche un altro appuntamento caldo per la maggioranza, oltre al voto per Papa: l'incardinamento in Giunta del caso di Marco Milanese, coinvolto nell'inchiesta P4. Ma su di lui l'aula di Montecitorio si dovrebbe pronunciare dopo la pausa estiva. E comunque anche per lui potrebbe arrivare l'ombrello leghista. Peraltro Bossi ha anche ribadito che Tremonti, di cui Milanese era il braccio destro, gode della protezione del Carroccio: il ministro, ha detto, «non si tocca». Prima di andare in vacanza, i deputati potrebbero essere chiamati a confrontarsi su un'altra questione 'spinosà: la mozione di sfiducia presentata dal Pd (Idv e Fli non hanno trovato ognuno le 63 firme necessarie così i dipietristi firmeranno quella dei Democratici) contro il ministro dell'Agricoltura Saverio Romano per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio per reati di mafia. Lo stesso Romano e il Pdl vogliono che la si metta ai voti prima dell'estate. «Perchè dovrebbe rimanere sulla graticola tutto agosto?», osserva Mario Pepe. Ma dovrà essere una nuova conferenza dei capigruppo di Montecitorio a mettere la mozione in calendario. Si vedrà cosa deciderà su questo la Lega.