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«Vedrete, alla fine prevarrà il no»

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«Secondome prevarrà il "No" all'arresto». Lo pensa il radicale eletto nelle liste del Pd Maurizio Turco, membro della Giunta della Camera. Onorevole Turco, pensa che un'eventuale sì all'autorizzazione agli arresti contro il deputato Papa possa rivoluzionare la consuetudine di tutelare i parlamentari in carica? «No, non credo che ci sia questo rischio. Ogni caso ha una sua storia. Non vedo questo rischio. Il nostro compito non è quello di fare il processo al processo o valutare la fondatezza delle accuse o meno. Noi dobbiamo solo appurare se c'è fumus persecutionis. A mio avviso, nel caso di Papa, non c'è fumus persecutionis. Per il resto posso solo dire che la richiesta di arresto in carcere è sproporzionata. Non si tratterà certo di un precedente. Potrebbe essere un precedente se il presidente della Giunta nominasse un nuovo relatore che potrebbe riferire in Aula. Per il resto non vedo precedenti». E allora cosa succederà in Aula dopo la confusione delle ultime due sedute in Giunta? «Può succedere di tutto. Bossi ha rivendicato di non essere stato ascoltato. Questo potrebbe accadere anche in Aula. Qualcuno potrebbe fare delle dichiarazioni a favore dell'arresto scegliendo la politica del tanto peggio tanto meglio. E poi, nel segreto dell'urna, votare contro l'arresto. È una partita tutta da vedere. A conti fatti dovrebbe prevalere il no all'arresto». Gli orientamenti della Giunta quali sono? «Sono chiari. La Giunta si è sempre orientata a votare contro gli arresti e le intercettazioni telefoniche dei parlamentari. Ma in questa giurisprudenza parlamentare convivono posizioni estreme: c'è quella dell'onorevole Paniz e del Pdl che vota sempre no ad ogni richiesta per non impedire l'esercizio del mandato dei parlamentari; quella dell'Idv - che non è un bell'orientamento - sempre favorevole agli arresti e alle intercettazioni; quella del Pd che, in alcune occasioni, non ha concesso il voto favorevole all'arresto nel caso dell'onorevole Angelucci (Pdl), e poi ci siamo noi radicali che valutiamo esclusivamente il fumus persecutionis». Vede analogie tra il caso Papa e quello di Bettino Craxi della primavera del 1993? «Vedo più analogie con il caso P2. Il caso di Papa sembrava di ordinaria amministrazione. I magistrati lo accusano di un reato associativo. Il Gip fa capire che ci sono altre accuse. Ma la reazione di difesa della maggioranza verso Papa fa comprendere che il contesto nel quale si è mosso il parlamentare è molto più ampio di quanto si possa credere, nel quale sono coinvolte figure molto importanti come generali della Gdf e dei carabinieri». L. P.

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