Il partito degli arresti
È un bombardamento. Alla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera si rasenta l’ingolfamento. Ormai piovono richieste di arresto, di perquisizione, di uso delle intercettazioni di deputati. Carte, atti. E poi supplementi, altra documentazione che va ad aggiungersi a quella già presentata. In Transatlantico è un impazzimento di voci: altri tre arresti in arrivo; no, saranno dieci. C’è sempre chi ne sa più di tutti: ad essere precisi saranno undici. Da qualche settimana, ogni giorno ha la sua novità. I numeri parlano chiaro. Sono ben 18 le richieste arrivate in questa legislatura, la metà soltanto nel 2011. L'organismo presieduto dal democratico Pierluigi Castagnetti aveva fatto 21 e 20 sedute nei primi due anni di legislatura, il 2008 e il 2009. Poi l'impennata. Ben 26 nel 2010 e ad oggi, e siamo poco oltre metà anno, siamo già a quota 20. Naturalmente le richieste arrivate dai magistrati sono andate di pari passo con le riunioni: più permessi per procedere contro i deputati, più lavoro da sbrigare, più sedute. Soltanto due all'anno quando è cominciata la nuova era berlusconiana. Quindi i magistrati si sono scatenati. L'anno scorso cinque, quest'anno - come detto - siamo già a nove, tre soltanto nel mese di luglio. In realtà gli atti arrivati a Montecitorio sono anche di più perché ci sono parlamentari che possono vantare il bis. Per esempio per Silvio Berlusconi è stata chiesta un'autorizzazione all'uso delle sue chiamate dal cellulare e anche una per perquisire i suoi uffici; per Nicola Cosentino richiesta di arresto e uso dei tabulati telefonici. I deputati del Pdl sono quelli più nel mirino. Ben dieci sono (o sono già stati) alle prese con la Giunta guidata da Castagnetti: Francesco De Luca (tabulati telefonici), Antonio Angelucci (arresti domiciliari), Cosentino, Niccolò Ghedini (accompagnamento coattivo), Mario Landolfi (intercettazioni telefoniche, prima della Camera lo stesso deputate le ha messe su internet), Berlusconi, Gianfranco Rotondi (tabulati telefonici ma è stato lui a sporgere denuncia per un furto), Denis Verdini (intercettazioni telefoniche) Alfonso Papa (arresto), Marco Milanese (arresto e perquisizione). Gli ultimi tre sono i casi più delicati che a breve finiranno all'esame della Giunta e dell'Aula. Al Senato la situazione non cambia. In questa legislatura sono state 12 le richieste avanzate a palazzo Madama, nella metà dei casi riguardavano la maggioranza. Sono state tutte bocciate ad eccezione di due casi per lo stesso tipo di richiesta: uso dei tabulati telefonici. Sia per Francesco Rutelli (Terzo Polo) che per Domenico Gramazio (Pdl) il Senato ha dato l'ok ormai un anno fa, il 3 agosto scorso. In tutti gli altri casi ha detto no anche se va rilevato che due richieste erano state avanzate nei confronti del senatore Nicola Di Girolamo: nel primo caso venne respinta la richiesta di arresto, al secondo giro non si arrivò a decidere perché Di Girolamo si era già dimesso ed era sistemato dietro le sbarre. Altri due «gentili inviti» per Luigi Grillo sono stati altrettanto gentilmente rispediti al mittente. Rimandata indietro anche un'altra richiesta per il pd Nicola Latorre, negato invece l'arresto per il pdl Vincenzo Nespoli. Ora restano due casi. Uno riguarda Clemente Mastella, all'epoca dei fatti era senatore e dunque anche in questo bisogna chiedere il permesso. L'altro invece è la sollecitazione a far scattare le manette ai polsi dell'esponente democratico Alberto Tedesco. La sua sorte ormai si intreccia con quella di Papa e Milanese alla Camera. Che c'entrano? C'entrano, c'entrano. Mercoledì in Aula si deciderà sull'ex pm ora deputato Pdl e nello stesso giorno la Giunta inizierà l'esame del caso Milanese. Per Papa è possibile che un gruppo parlamentare (ne basta soltanto uno) chieda il voto segreto. Che consentirebbe alla Lega di agitare il cappio e poi votar contro l'arresto: fece così anche nel '92 quando inneggiava a Mani Pulite e poi gli uomini del Carroccio vennero coinvolti nello scandalo Enimont per aver intascato una mazzetta. Non sarà un caso se ieri sera Umberto Bossi a Venezia ha detto: «Le manette non vanno messe mai se prima non facciamo il processo. Se Papa ha commesso dei reati paghi, ma non va bene mettergli le manette prima, quando ancora non sappiamo se quello che ha fatto è da galera o no». Più probabile ancora che nel segreto del voto possa arrivare qualche manciata di voti dal Pd in cambio dell'assoluzione di Tedesco. Lo scandalo Enac comincia a far tremare i polsi anche a qualcuno a sinistra...