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Il piano del Cav per salvare l'azienda

Il premier Silvio Berlusconi

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{{IMG_SX}}Irato, scontroso. E poi depresso. Ma anche esaltato. Chi lo sente al telefono, per la verità davvero in pochi, racconta un Silvio Berlusconi che alterna vari stati d'animo. Chiuso nella sua villa La Certosa a punta Lada, il Cavaliere resta di fatto solo.  Non ci sono fedelissimi con lui. Soltanto Marina l'aveva raggiunto sabato. Il premier, in sostanza, non è in condizione di fare dichiarazioni pubbliche. Se ne rendono conto persino Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri, che attendevano una sua telefonata alle 11.30 di ieri mattina, in conclusione della festa di Mirabello. Bisogna soprassedere, stavolta. E forse è meglio così, anche per il suo bene. Il momento è delicatissimo. Non solo sotto il profilo politico. Il nostro Paese è evidentemente sotto attacco speculativo da parte della finanza internazionale. Venerdì la Borsa ha chiuso con una preoccupante perdita di quasi tre punti e mezzo percentuali e stamattina potrebbe cominciare anche peggio. Per questo, a Mirabello arriva Paolo Bonaiuti, che dice pochi ma siginificativi concetti: «Berlusconi non parla per evitare reazioni». Significa che se aprisse bocca in pubblico sparerebbe a zero contro i magistrati, la Corte costituzionale, il presidente della Repubblica, De Benedetti, i giornali e compagnia cantante. D'altro canto, è questo quello che sta ripetendo in privato. Il punto vero è che Berlusconi non ha un piano B, non aveva studiato un'alternativa, convinto com'era che in secondo grado avrebbe vinto. Aveva preparato solo una serie di fidejussioni a garanzia della prima condanna da 750 milioni. Circolano soluzioni fantasiose, dopo la sentenza. Come vendere gli asset non strategici, a cominciare dal Milan. Ma trovare un investitore che s'avventuri nel calcio italiano è davvero improbabile. Chiedere a Unicredit per la Roma, per crederci. Anche un possibile aumento di capitale, facendo entrare qualche fondo internazionale in Fininvest, appare un'ipotesi lontana: non ci sono banche disponibili, di questi tempi, a sostenere una operazione del genere. Berlusconi continua a pensare a una via di'uscita parlamentare. Gli è stata prospettata la possibilità di un disegno di legge che rinvii il pagamento direttamente a dopo il verdetto della Cassazione, come era stato proposto in un articoletto della Manovra. Ma il ddl avrà tempi lunghi. Il premier vuole una soluzione immediata, vuole un emendamento alla Manovra, che comunque si trova ora in Parlamento sotto forma di decreto. Ma il Quirinale, si sa, è contrario. Allora il Cavaliere ha chiesto che Angelino Alfano, in quanto Guardasigilli e in quanto segretario del Pdl, vada sul Colle a spiegare la gravità della situazione. In realtà, neppure quella sarebbe una soluzione, perché un decreto non può essere retroattivo e comunque non potrebbe bloccare un iter già in corso. E allora? L'unica strada che il Cavaliere potrebbe intraprendere è un intervento legislativo che modifichi il codice civile e obblighi di fatto De Benedetti a incassare i 560 milioni che gli spettano ma solo sotto presentazione di una fidejussione di eguale valore. In modo da garantire che, nel caso di successo per Berlusconi in terzo grado, la Cir possa restituire quanto ottenuto dopo il secondo, a titolo provvisorio. Sarebbe la via più plausibile e che forse la presidenza della Repubblica potrebbe in qualche modo non ostacolare. Nel gioco delle garanzie incrociate, Berlusconi forse guadagnerebbe anche del tempo. Sebbene non ne abbia tanto a disposizione. Entro una decina di giorni Cir dovrebbe già passare all'incasso. I legali di Fininvest stanno studiando contromosse, ma dire che abbiano trovato un jolly è eresia. Al momento, possono solo presentare un ricorso. Quel che è certo è che Berlusconi ha in mente una sola cosa: non pagare. Sa bene che quei 540 milioni più altri 20 di spese legali versate nelle casse del suo avversario storico e del suo concorrente più temibile sarebbe come consegnare al suo nemico la bomba atomica, per farsela scagliare contro. De Benedetti potrebbe cominciare a fare shopping e preparare in grande lo sbarco nella tv. Per questo, i legali di Cir, entro la fine della prossima settimana o al massimo entro i primi giorni di quella successiva, visto che il provvedimento di sabato è immediatamente esecutivo, non appena otterranno copia autentica dell'atto firmato dai giudici Luigi de Ruggiero, Walter Saresella e Giovan Battista Rollero, invieranno la lettera a Intesa Sanpaolo per chiedere il pagamento del risarcimento. La banca, capofila di un pool di istituti di credito, nel dicembre 2009, dopo la decisione con cui il Tribunale aveva condannato Fininvest a risarcire 750 milioni, aveva fornito a quest'ultima una fidejussione - rinnovata fino al prossimo ottobre - di 806 milioni, nell'ambito di un accordo tra le parti che finora ha «congelato» il risarcimento. Intanto Romano Vaccarella, Giorgio De Nova, Achille Saletti, Giuseppe Lombardi e Fabio Lepri, il pool di avvocati che segue Fininvest, già domani mattina si riuniranno per valutare il provvedimento - che in queste ore stanno leggendo attentamente - «per decidere il da farsi». E non si tratta solo di cominciare ad impostare il ricorso in Cassazione, ma di trovare un'idea per tentare di ottenere la sospensione dell'esecutività immediata della sentenza di secondo grado. Una delle possibilità è presentare al Tribunale un ricorso per bloccare il pagamento a Cir da parte delle banche.

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