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Milanese mi mostrò le intercettazioni

Marco Milanese

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Sostiene di non aver mai ricevuto soldi, ma soltanto regali. Anzi che tra lui e quello che è diventato il suo principale accusatore, l'imprenditore Paolo Viscione, c'è stato soltanto «uno scambio di regali». E sulle nomine, che per i magistrati napoletani avrebbe caldeggiato in cambio di denaro, auto di lusso e viaggi all'estero (come quello al Plaza di New York, dove in quei giorni c'erano anche De Sica e la Ferilli), giura che non le può «neanche orientare» e che lui, in pratica, non è neppure «un passacarte» ma un semplice «postino». Ascoltato dai pm il 29 marzo, nega tutto, Marco Milanese, il consulente di Tremonti finito nella bufera. Ma anche per il Gip le sue dichiarazioni sono «inattendibili». E che Milanese avesse interesse a sottacere la questione-nomine emerge chiaramente da un'intercettazione telefonica fra lui e l'immobiliarista di Voghera che cura le sue proprietà in Francia, Sergio Fracchia. È il 4 febbraio di quest'anno. Fracchia deve andare a Milano per rispondere ai pm. E il consigliere del Tesoro, scrivono i magistrati «come in altre occasioni si preoccupa di suggerire cosa deve rispondere nel caso venissero fatte domande specifiche sulle transazioni riguardanti gli immobili ubicati in Francia e, soprattutto, su eventuali nomine». Fracchia avverte: «Sto andando adesso». Milanese: «Sì, ti volevo dire: ma...poi ricordati di dire che che loro l'avevano comprata perché avevano il cliente, poi l'hanno perso e io ci ho perso, io ci ho perso 40.000 euro, ti ricordi? Ti ricordi tutta la storia, quella verità?». Fracchia: «...è la verità». Milanese: «Appunto, se ti dicono qualcosa nomine, non nomine, non sai un cazzo, dici "ma che dici?", poi basta». I pm, però, sottolineano che «nulla era emerso da un primo rilievo volto a ricercare eventuali trasferimenti immobiliari che potevano aver giustificato i movimenti finanziari in direzione del Milanese». E che gli indagati, Milanese compreso, miravano ad «evitare nelle dichiarazioni da rendere al pubblico ministero qualsiasi riferimento alle nomine intervenute e qualsiasi collegamento fra quelle nomine e quei pagamenti», definiti «incongrui». Un altro episodio dimostrerebbe l'attività di inquinamento probatorio svolta da Marco Milanese e la possibilità che aveva di reperire materiale sottoposto al segreto d'indagine. Il 23 febbraio scorso, parlando con tale Michele, Paolo Viscione (definito dal consigliere di Tremonti «una persona che consideravo un parente, un amico...») insulta, senza farne il nome, Milanese. «Lo ricopre di insulti e dice che ha rubato e che ha le prove», afferma «che è una merda e che abusa del suo potere», lo «definisce ladro», scrivono i pm. E aggiungono che il 26 febbraio al suo socio Gianni Sidoti, Viscione parla «dell'assegno in scadenza per gli orologi di Tremonti e di Milanese». In seguito, quando viene interrogato, Viscione racconta che nel 2010 lui e Milanese si erano incontrati a Cervinara: «...lo vedo subito e lui mi caccia fuori un foglio di carta con le intercettazioni telefoniche». Milanese è arrabbiato. «Perché mi hai fatto questo - gli rinfaccia - Sei un pezzo di...perché tu potevi chiamarmi e mi dicevi, testuale eh, pezzo di "merda"...che lui si riconosceva...e io gli avrei dato spiega...a dire: l'ho fatto apposta per farti intervenire». Il pm chiede: «Cioè lui gli mostra le intercettazioni....». Viscione replica affermativamente: «Dove io dico - risponde - Milanese e l'orologio di Tremonti...lui si metteva paura soltanto che poteva essere interrogato Tremonti...allora questa intercettazione a me ha detto: guarda, eccole qua, due, tre fogli di carta, glieli ha dati la Finanza, no, a questo punto che cosa succede? Succede che mi dice: perché non mi hai chiamato e mi dicevi: pezzo di "merda"... e mi scuso per il linguaggio, ma è il linguaggio che ha usato lui...». Nel suo interrogatorio, invece, Milanese sostiene di essere un «capro espiatorio». E si giustitica: «Le nomine nelle controllate di primo livello direttamente collegate dal ministero dell'Economia...sono nomine che fa il presidente del Consiglio con i ministri delegati. Al tavolo politico partecipano il ministro, il presidente del Consiglio, Letta, ci sono rappresentanti della Lega...le spiego come funziona, una volta che loro decidono...si mettono, c'è la composizione del Cda che avviene...ognuno di loro dà, deve dare dei curriculum che non è che portano lì in quel momento....». «Quindi quale era il suo ruolo?», incalza il pm. «Io non ho mai partecipato ad un tavolo - assicura Milanese - né di primo livello, perchè non potevo, né ad un tavolo che si è fatto sulle società di secondo livello. Io ho soltanto presentato dei curriculum che arrivavano o come ministro del Tesoro o a me come parlamentare». Per i magistrati, al contrario, Milanese è responsabile di aver asservito la sua «pubblica funzione a scopi privatistici e di guadagno illecito». La sua personalità, aggiungono, «appare quella di chi, amante del lusso e della bella vita, sembra muoversi in dispregio proprio di quelle leggi che più di altri egli avrebbe dovuto far rispettare».

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