La gioia di Di Pietro: "Raccolte già 5mila firme. A settembre la legge"
La guerra alle Province continua. La crisi non permette sprechi, la casta non è in grado di tagliarli e in trincea sono scesi gli italiani. Così, se lo scorso cinque luglio il parlamento ha bocciato una proposta dell'Idv che intendeva abolirle, fuori dal Palazzo la battaglia procede a suon di firme. I lettori de Il Tempo non sono gli unici a combattere. «La pre-raccolta per l'abolizione delle Province, partita venerdì online sul sito dell'Idv, ha già superato quota 5.000 - scrive sul suo profilo Facebook Antonio Di Pietro - È il 10% delle firme necessarie per la legge di iniziativa popolare che lanceremo a settembre. Un ottimo segnale: il rinnovamento della politica passa per l'abbattimento degli sprechi e l'annullamento dei privilegi della casta», sentenzia. Entro il 19 settembre, giorno degli Stati generali del partito a Vasto, le firme, giura l'ex pm, saranno oltre 50mila. La forza della battaglia popolare è tale che anche il Palazzo sembra svegliarsi. Ovviamente, a differenza dei cittadini che fanno fronte comune, la politica si divide. Ci sono i «rottamatori», che le Province le vogliono abolire senza se e senza ma. Ci sono i «razionalizzatori», che immaginano un percorso meno traumatico e dicono no a tagli indiscriminati. E c'è anche, pur se in netta minoranza, chi vuol far lievitare ulteriormente il numero, ragguardevole, delle amministrazioni provinciali, oggi già a quota 110. Tra i rottamatori, oltre all'Idv, in prima fila ci sono Udc, Fli e Api. Le Province, sostengono, sono troppe e rappresentano un costo non sostenibile per la comunità, soprattutto in una fase in cui i costi, elevati, della politica sono nel mirino dell'opinione pubblica. Il fronte dei razionalizzatori è guidato dal Pd, che può contare su una proposta di legge che vede come primo firmatario lo stesso segretario Pierluigi Bersani. I Dem puntano sulle "città metropolitane": dove esistono, non possono esserci le Province. Il mutamento delle circoscrizioni provinciali o la loro eventuale soppressione, propone poi il Pd, devono essere stabilite con legge regionale, sentiti i Comuni interessati. Il compito del legislatore, aggiungono Bersani e compagni rispondendo a di Pietro, non è quello di seguire demagogicamente gli umori della piazza, ma di trovare soluzioni ragionevoli ed efficienti. Quelle che loro sono convinti di portare avanti con la proposta di legge che la commissione Affari costituzionali vaglierà questa settimana. In realtà, di proposte per l'abolizione delle Province, pur se modulate in modo differente, in parlamento ce ne sono in abbondanza, tanto della maggioranza quanto dell'opposizione. All'appello manca solo la Lega, sotto le cui insegne, anzi, stazionano alla Camera e al Senato due proposte di legge per l'istituzione di altrettante nuove Province, quella della Valcamonica e quella autonoma di Ladinia. Primi firmatari, a Montecitorio Davide Caparini e a palazzo Madama Sergio Divina. Non è solo il Carroccio, però, a voler sfondare "quota 110". Del resto, all'interno del Pd, uno che va controcorrente e mette in crisi tutti gli altri si trova sempre. Questa volta tocca a Gianclaudio Bressa, deputato democratico e bellunese doc, che lo scorso novembre ha depositato una proposta di legge per l'istituzione della Provincia «speciale montana» di Belluno. Non ditelo ai lettori de Il Tempo.