È già duello tra Formigoni e Alfano
Sbotta Maurizio Gasparri. Nel bel mezzo del pranzo all'Ariosteria a Ferrara. Leva il piatto da tavola e si mette a disegnare su un tovagliolo di carta: «Da un lato c'è il centrodestra e dall'altro il centrosinistra. E poi il terzo polo. Che fa Casini? Resta in mezzo alle elezioni del 2013? Gli rimarrà da fare i giochi di palazzo o i giochetti di interposizione. Va con la sinistra? Dovrà fare tutti i giorni la trattativa sui provvedimenti sulla famiglia e su tutto il resto. Ad un certo punto bisogna decidere se mettere davanti i valori e i contenuti o i ruoli». Insomma, Berlusconi si prepara a fare un passo indietro. Fa eco Ignazio La Russa: «Stavolta è chiaro a tutti che fa sul serio». Riprende Gasparri: «Non si tratta di inseguire Casini. Ma è chiaro che c'è una transizione nel Pdl; ce n'è una nella Lega; e ce n'è una anche nella Chiesa, è finita l'era di Ruini che aveva scelto il centrodestra e non è ancora chiara che linea prenderanno i vescovi. Di certo molti di loro si interrogano se dopo Zapatero in Spagna verranno cambiate le leggi fatte dalla sinistra. Non so se anche in Italia pensino ad appoggiare davvero il centrosinistra». Si riparte da qui. Berlusconi fa un passo indietro e si guarda alle alleanze future. All'Udc tanto per cominciare. Chi pensa di prendere la premiership del Pdl deve ricominciare dal rapporto con il centro. Gasparri riduce il campo: «Sono cinque coloro che possono concorrere alla guida del governo: Casini, che però sembra aspirare alla presidenza della Repubblica; Maroni, che però è ancora troppo nordista; Tremonti, che però non si è mai molto posto il problema del consenso; restano Alfano e Formigoni». E Formigoni (che nei giorni scorsi ha incontrato Casini), l'altra sera a Mirabello alla festa del Pdl, ha fatto il primo passo. Discorso dal palco in difesa della famiglia, cena alla mensa come tutti i militanti, giro delle cucine e strette di mano. Ieri, protesta perché chiede le primarie proprio nelle ore in cui in questa cittadina così cara alla destra nella bassa ferrarese arriva il neosegretario del Pdl. Timoroso di bruciarsi da qui al voto, Alfano fa un passo indietro sulla sua candidatura a premier: «Ribadisco quanto ho detto al Consiglio nazionale, sono convinto e persuaso che nel 2013 avremo con gioia ancora bisogno della leadership di Berlusconi per vincere elezioni politiche 2013». Che si può tradurre in modo semplice: se fra due anni corre Berlusconi è lui il candidato, se si ritira sono pronto a correre. Vuole una legitimazione popolare. Lo dice ma in modo più complesso: «Quando Berlusconi deciderà di fare un passo indietro, la prossima leadership, così come la premiership, sarà scelto attraverso le primarie. Dopo Berlusconi il futuro leader sarà scelto con le primarie. Dopo Berlusconi nessuna altra leadership si può consacrare senza primarie». Quindi annuncia: «Ho tanta voglia di fare il nuovo mestiere che spero, anche rinunciando al via libera finale del codice antimafia, di potermi dimettere già dalla prosisma settimana». Dunque, mollerà il ministero della Giustizia e si tufferà sul partito. Pensando alla scalata alla coalizione. Intanto c'è il passaggio della Manovra in Parlamento. Alfano separa l'azione del governo da quella del partito: «Interverremo con chiarezza sulle pensioni. È interverremo senza modificare i parametri della Manovra». Frena sulle inchieste che vedranno tra poco il partito decidere sull'arresto di due deputati, Alfonso Papa e Marco Milanese: leggeremo le carte e decideremo, promette la nuova guida del principale partito nazionale. Ma giura: «Giulio Tremonti è una persona perbene». La Russa, al pranzo, si era spinto anche oltre: «Ci metto la mano sul fuoco, è un calvinista, uno che ci ha rimesso con la politica. Suo figlio veniva a casa mia a Roma, non poteva ospitarlo perché viveva in caserma». Alfano difende la legge salva-Fininvest: «Era una norma sacrosanta, di assoluto buon senso, ma in Italia è passato il principio che anche le norme giuste, se possono riguardare Berlusconi non vanno bene». Il pezzo finale della sua prima uscita pubblica senza paracadute con la base del Pdl è sugli assetti futuri. Qui, nella festa tradizionale di Msi e An, al solo pronunciare il nome di Fini si leva una bordata di fischi. Al punto che Alfano deve correggere la platea: «Non si può liquidare con una battuta». Poi gli viene chiesto dell'Udc e anche stavolta si levano dalla sala un po' di brusii ma stavolta il segretario del Pdl non può permettersi scivoloni e ammonisce: «Di Casini ho rispetto, è entrato in Parlamento solo con le sue forze e con i suoi voti e non ci ha tradito. Ha fatto un'opposizione severa ma non è stato incoerente. Non credo che domattina possiamo intraprendere un cammino comune, ma credo che le nostre strade non sono destinate a restare in eterno separate». Il finale per Alfano è molto simile a quello di Formigoni della sera prima: siamo il partito della vita, e la difenderemo. «Qualcuno la dà e qualcuno la toglie ma quel qualcuno non può essere il legislatore», avverte nell'ovazione generale. Ma per Angelino, a differenza di Roberto, niente cena alla mesa ma monta sul super Land Rover e scappa all'aeroporto per il volo di Stato.