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P4: "La casa di Tremonti è pagata da Milanese"

A sinistra in basso Giulio Tremonti e in alto al centro Marco Milanese

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La casa romana del ministro Tremonti, un bell'immobile in via di Campo Marzio n. 24, era stata messa a disposizione dal deputato del Pdl Marco Milanese, al centro dell'indagine per tangenti. Sembra incredibile che Tremonti potesse avere necessità di un tetto, ma per i giudici tra Tremonti e Milanese ci sarebbero rapporti finanziari «poco chiari». Sembrava una seratina tranquilla, appena appena increspata dal thriller del Premio Strega, invece ieri sul tardi è arrivata la «bomba»: la residenza romana del ministro dell'Economia Tremonti è un immobile a disposizione del deputato del Pdl Marco Milanese, al centro dell'indagine P4 dei giudici napoletani. Insomma tra il ministro Tremonti e Marco Milanese «permane una situazione di oggettiva vicinanza», perché i due sono legati «da un rapporto di stretta fiducia» che prescinde dall'incarico del parlamentare come consigliere politico del ministro «e sopravvive alle dimissioni rassegnate»: questo è quello che scrivono i pm nella richiesta di arresto nei confronti di Milanese trasmessa ieri alla Giunta per le autorizzazioni della Camera. Al centro della vicenda un fatto accertato: Giulio Tremonti utilizza a Roma un immobile di via Campo Marzio n. 24 di proprietà del Pio Sodalizio dei Piceni, che l'ha concesso in locazione al deputato Marco Milanese, consigliere politico del ministro fino al 28 giugno scorso, il quale paga un canone di 8.500 euro mensili. Tutto scritto dal gip di Napoli Amelia Primavera nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere contro lo stesso Milanese. Il gip definisce «assolutamente poco chiari» i rapporti finanziari tra Tremonti e Milanese e, a proposito della locazione dell'immobile, ne spiega le ragione. Il gip rileva che «Milanese paga mensilmente» per quella casa «un canone molto alto, il cui complessivo ammontare rispetto alle rate già pagate risulta di oltre centomila euro»; aggiunge che un consulente, incaricato di verificare alcuni conti, «non ha rinvenuto», a titolo di rimborso, «assegni o bonifici provenienti da Tremonti». Quanto ad un assegno di 8.000 euro emesso dal ministro, nel febbraio 2008, in favore di Milanese, esso - secondo il gip - «attiene evidentemente ad altra partita economica tra i due, essendo isolato nel tempo» ed essendo stato emesso «un anno prima della nascita del rapporto contrattuale con il Pio Sodalizio dei Piceni». «Ne discende - scrive il gip, parlando del pericolo di inquinamento probatorio - la permanenza», nonostante le dimissioni di Milanese dalla carica di consigliere politico del ministro, «uno stretto ed attuale rapporto fiduciario tra i due esponenti politici che prescinde, evidentemente dal ruolo istituzionale rivestito dal Milanese». Il primo pensiero che sorge spontaneo e naturale leggendo della vicenda è che Tremonti di certo non ha bisogno di avere una casa messa a disposizione da chiunque. Il ministro ha certamente le sostanze, private, e le possibilità anche derivate dal suo incarico istituzionale di avere un alloggio. Insomma anche senza Milanese Tremonti di sicuro non dorme sotto le stelle. Ma c'è molto di più. Marco Milanese, al centro dell'inchiesta per tangenti, è «tuttora in stretto contatto» con i vertici della Guardia di Finanza. Lo scrive ancora il gip Amelia Primavera, riportando quanto riferito dal ministro Tremonti nel corso di un interrogatorio, in qualità di persona informata sui fatti, avvenuto il 17 giugno scorso. In quell'interrogatorio - scrive il gip - il ministro ha riferito dell'«esistenza di "cordate"» all'interno della Guardia di Finanza «costituitesi in vista della prossima nomina del Comandante Generale, precisando come alcuni rappresentanti di quel Corpo siano in stretto contatto con il presidente del Consiglio» Silvio Berlusconi. Ma soprattutto Tremonti ha riferito come «Milanese - scrive il gip - sia tuttora in stretto contatto con quei vertici, avendo appreso dagli stessi quanto poi riferito al ministro ed oggetto di un colloquio tra lo stesso ed il presidente del Consiglio Berlusconi». La circostante, dunque, che Milanese, ex colonnello delle Fiamme Gialle, «sia ancora oggi un punto di riferimento all'interno della Guardia di Finanza, proprio per l'accertata vicinanza al ministro Tremonti aggrava - a parere del gip - le esigenze cautelari legate al pericolo di inquinamento probatorio». E ancora non è tutto. Paolo Viscione, titolare di alcune società al quale Marco Milanese avrebbe rivelato lo stato di indagini a suo carico in cambio di ingenti somme di denaro, auto, gioielli ed altre «utilità», indagato e interrogato il 19 dicembre dai pm di Napoli riferisce di aver acquistato e consegnato allo stesso parlamentare del Pdl degli orologi di lusso uno dei quali, a detta di Milanese, destinato al ministro Giulio Tremonti. Anche questo emerge dall'ordinanza di custodia cautelare per Milanese. Riferisce Viscione agli inquirenti: «...voleva tre orologi, uno per la compagna, un altro per il ministro... poi se ne pigliò quattro, alla fine del giro, quattro, ora non mi ricordo bene, però tengo tutto segnato perché mi sono fatto fare la dichiarazione da Laurenti (il gioielliere romano che ha fornito gli orologi, ndr)... con la scusa che doveva ancora essere pagato, giusto per avere la prova, se fosse stato necessario, dell'operazione... uno era quello che doveva essere destinato a Tremonti e gli altri tre, mi pare, uno se l'è preso lui, un altro... e poi gli ho dato 48, 47, 48mila euro, 45, una cosa del genere, che ho pagato...». Ma poi, prosegue Viscione, gli orologi a Milanese «non sono piaciuti ed è andato lui da Laurenti a sceglierli... quello Laurenti lo può benissimo testimoniare». Il gioielliere, Stefano Laurenti, perquisito e sentito dagli inquirenti, ha confermato la circostanza.

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