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Mossa a tenaglia sui piccoli risparmiatori

Borse e mercati

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Il ministro del Tesoro Giulio Tremonti non si riconosce più nell'immagine del Robin Hood che toglie ai banchieri e agli speculatori per dare ai risparmiatori. Lo si capisce analizzando gli effetti sulla finanza personale della principale voce di entrata della manovra, quella che è stata già ribattezzata dai critici la “patrimonialina” sul risparmio. Secondo le tabelle di via XX Settembre, con questa mossa il governo dovrebbe beneficiare di 8,8 miliardi di euro da qui al 2014. L'armonizzazione al 20% dell'aliquota sulle rendite finanziarie prevista dalla legge delega collegata alla Finanziaria, dovrebbe inoltre fruttare altri 1,5-2 miliardi. Il prelievo totale sul risparmio potrebbe dunque raggiungere i 10 miliardi. Le principali stime sono contenute nella relazione tecnica al decreto legge trasmesso tre giorni fa al capo dello Stato. L'incremento dell'imposta da bollo sui conti-titoli a 120 euro per gli anni 2011 e 2012 e a 150 euro a regime (380 euro per i depositi con valore superiore a 50 mila euro) porterà un incremento di gettito di 721 milioni per l'anno in corso, di 1,3 miliardi per il 2012, di 3,6 miliardi per il 2013, per poi stabilizzarsi a 2,4 miliardi dal 2014 in poi. La relazione tecnica, consegnata anche a Giorgio Napolitano, parla di un'indagine condotta alla fine del 2010 da Eurisko, che aveva stimato in un 26% i correntisti delle banche che disponevano di un conto-titoli. Secondo l'Abi, l'associazione degli istituti di credito italiani, il numero complessivo dei conti correnti è circa 40 milioni. Dunque i conti-titoli sarebbero 10,4 milioni in tutto. L'imposta verrà applicata al deposito titoli, ossia al conto dove vengono registrati i titoli (Btp, Bot, obbligazioni, azioni, con l'eccezione delle quote di fondi comuni) in cui investe una famiglia. Attualmente sui conti depositi si paga un bollo di 34,20 euro annuali. Dopo avere rinunciato a tassare gli utili di trading delle banche, il Tesoro ha invece deciso che l'imposta salirà a 10 euro al mese, 120 euro l'anno. Indistintamente: che si tratti di una famiglia che ha investito quel poco che ha da parte in Btp o di clientela agiata con svariati milioni di investimenti. Un effetto che non tiene conto della capacità contributiva. Dal 2013, invece, la norma introduce una parziale progressività: l'imposta sale a 150 euro annuali «relativamente ai depositi di titoli il cui complessivo valore nominale o di rimborso presso ciascuna banca sia inferiore a 50mila euro» , mentre per chi supera la soglia di 50mila euro sale a 380 euro. Il rischio per il risparmiatore è però quello di venire espropriato del rendimento, se non anche di parte del capitale. L'economista Luigi Zingales ha calcolato che tra imposta di bollo a 120 euro e ritenuta (12,5%) un risparmiatore con 10mila euro in titoli che abbiano un rendimento nominale del 3% «paga 180 euro all'anno in imposte pari al 60% del proprio reddito nominale e 180% del proprio rendimento reale (assumendo un tasso di inflazione pari al 2%)». Tradotto: se si prestano soldi allo Stato, anziché guadagnarci ci si perde. Secondo lo stesso economista, «un risparmiatore con 30mila euro in titoli paga il 33% del proprio reddito nominale e 100% del proprio rendimento reale; un risparmiatore con 100mila euro in titoli paga il 24% del proprio reddito nominale in imposte e il 72% del proprio rendimento reale». Altro esempio: per un conto-titoli sul quale fosse depositata soltanto un'obbligazione da 1.000 euro, si pagherebbe una patrimoniale annua del 15% dell'ammontare. La cifra scenderebbe all'1,5% per un deposito del valore di 10 mila euro e allo 0,3% per uno di 50 mila euro. Oltre i 50 mila il prelievo passa a 380 euro. Ciò significa che su un conto titoli del valore di 51.000 euro la patrimoniale peserebbe per lo 0,74%, incidenza che scenderebbe allo 0,38% su un deposito di 100 mila euro e allo 0,038% per uno di 1 milione di euro. Insomma, una proporzionalità all'inverso che fa pagare meno chi è più ricco e molto di più chi ha depositi di importo limitato. Non solo. Poiché l'imposta di bollo non si applica ai fondi né ai depositi, l'impiego del risparmio subisce una distorsione a favore sia degli strumenti collettivi del risparmio (in buona parte gestisti direttamente dalle banche) sia della raccolta diretta degli istituti (depositi in c/c e libretti di risparmio). Gli istituti di credito, infatti, potrebbero avere interesse a spingere su altre forme di investimento, come i pronti contro termine, che non necessitano dell'apertura del conto titoli. Le critiche degli esperti non riguardano solo l'effetto di questa parte della manovra sui risparmiatori ma anche l'impatto reale sulle casse del governo. Una stima effettuale sull'ipotesi che i risparmiatori non mutino i propri comportamenti di fronte alla nuova imposizione. Non andrà così, secondo i critici. Anche dietro “suggerimento” delle banche, approfittando del fatto che l'imposta di bollo sui depositi titoli non si applica ai depositi bancari né alle quote di fondi comuni di investimento, i clienti potrebbero decidere di spostare i propri risparmi su conti di deposito, contribuendo a ridurre il costo medio della raccolta bancaria, e nei fondi comuni di investimento, che in larghissima misura sono controllati dalle banche. I risparmiatori venderanno i propri Bot e Btp per sottoscrivere quote di fondi comuni obbligazionari, che tali Bot e Btp hanno in pancia. Secondo un report diffuso ieri dagli analisti di Intermonte, la notizia negativa potrebbe portare i clienti verso i conti-deposito ad alta remunerazione che beneficeranno di una tassazione al 20% rispetto all'attuale 27%. I correntisti ovviamente dovrebbero anche valutare se gli investimenti incorporano plusvalenze o minusvalenze, nel qual caso potrebbero non avere facilità ad uscire. Stesso discorso vale per chi ha obbligazioni bancarie difficilmente liquidabili. Di certo a beneficiare della norma inserita nella manovra, sarà Poste Italiane. I buoni del risparmio emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti e collocati dal gruppo guidato da Massimo Sarmi possono infatti essere depositati su un semplice (e soprattutto gratuito) libretto postale.

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