Caro Di Pietro, rottamiamo gli enti inutili
DI MARIO SECHI Caro Di Pietro, la tua adesione testimonia lo spirito bipartisan della nostra battaglia giornalistica. Molte cose ci separano nella visione della politica, tante volte in questi anni abbiamo incrociato la spada e ci siamo trovati su fronti opposti, ma questa è una battaglia di civiltà che per noi non ha bandiere e mai come oggi il fine giustifica i mezzi: le Province vanno abolite. Il governo ha varato una manovra economica che chiede agli italiani sacrifici e non si può far pagare Pantalone e continuare la festa nei saloni del Palazzo. É l’ora di una svolta radicale, il Parlamento deve trovare un momento di saggezza per dimostrare ai cittadini di voler davvero ridurre i costi della politica. Le Province dovevano essere abolite fin dagli anni Settanta, quando furono istituite le Regioni, ma il partito trasversale degli Spendaccioni vinse su quello dei Virtuosi ai quali apparteneva, fra i tanti, Ugo La Malfa il quale sosteneva che bisogna avere il coraggio di «innovare tagliando». Ecco, questo coraggio manca. Ma questo coraggio la classe politica deve trovarlo in fretta perché il tempo è scaduto. Il Parlamento non fa le riforme e non riduce i costi della politica? Ci provano i cittadini direttamente con il loro voto. Quel che è accaduto con i referendum, al di là delle divergenti opinioni che possiamo avere sull’esito finale, è chiarissimo: è in corso una rivoluzione dei rapporti tra la base e il partito, gli eletti e gli elettori. Come tu sai, caro Di Pietro, non sono un sostenitore dell’anti-politica, anzi, la ritengo un problema per la stabilità del buongoverno. Ma quando un sistema appare bloccato, allora bisogna ridare lo scettro al popolo sovrano. Una legge di iniziativa popolare per l’abolizione delle Province ha tutto il nostro appoggio. E speriamo che crescano le adesioni. Ancor meglio sarebbe un accordo bipartisan e un voto rapido alla Camera e al Senato per arrivare a questo risultato. Ma senza furberie. Chi pensa di presentare leggine per salvare il proprio feudo, fa male i conti. Non siamo né furbi né fessi. Paghiamo le tasse, siamo liberali, conservatori e amiamo la buona politica. Via le Province. Avanti con le firme.