Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Previdenza leggera per decreto

Pensioni e previdenza sociale

  • a
  • a
  • a

Le proteste di 4,4 milioni di pensionati, colpiti dall'annuncio dello stop alla rivalutazione delle rendite, hanno sortito pochi effetti tangibili. La manovra che è arrivata al Quirinale ieri in mattinata ha confermato per il biennio 2012-2013 il blocco della rivalutazione delle pensioni «dei trattamenti pensionistici superiore a cinque volte il trattamento minimo di pensione Inps». Chiaro anche il trattamento riferimento alla fascia intermedia e cioè degli assegni compresi tra 1.428 e 2.380 euro. Il testo recita : «Per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il predetto trattamento minimo Inps l'indice di rivalutazione automatica delle pensioni è applicato nella misura del 45%». Non una virgola è stata dunque spostata rispetto a quanto, anticipato nei giorni scorsi, ha fatto letteralmente perdere le staffe a milioni di pensionati. Molti milioni dei quali appartenenti all'elettorato di centrodestra e che non hanno digerito un sacrificio imposto con i metodi applicati dal governo di Prodi e Visco. E senza che la classe politica desse un contemporaneo segnale di austerità e di morigeratezza. I tagli alla politica, infatti, sono rimasti condensati in un ulteriore diminuzione del 10% dei rimborsi elettorali, al taglio a partire dal prossimo anno del 20% degli stanziamenti di bilancio per Consob, Csm, Corte dei Conti, Cnel e per le altre autorità indipendenti compresa la Consob e al ridimensionamento delle cilindrate delle auto blu. I parlamentari, per ora, non sono stati nemmeno sfiorati e i privilegi di quelli in carica e degli ex sono rimasti intatti. «Il trattamento economico di deputati, senatori, ministri ed anche di alti dirigenti pubblici e gran commis, afferma il primo articolo, non potrà superare quello della media Europea. Coinvolti anche i Consigli Regionali che dovranno adeguarsi con proprie leggi ai tetti stabiliti a livello nazionale. Ma solo a partire dal 2013. La nave Italia è entrata nella tempesta ma per rinunciare a una fetta dei loro lauti guadagni si dovrà attendere il 2013. Un rinvio che ha fatto storcere la bocca a molti. Ma il Tesoro non ha mostrato la volontà di fare un arretramento sul punto. Secondo quanto risulta a Il Tempo, però la levata di scudi contro il taglio delle rivalutazioni ha sicuramente indotto i tecnici dell'Economia e lo stesso Tremonti a rimodulare in un secondo momento il provvedimento. Così la norma contestata potrebbe essere rivista nel percorso parlamentare che aspetta il decreto non appena sarà vistato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ambienti parlamentari, infatti, hanno parlato ieri di un possibile ripensamento a Montecitorio e a Palazzo Madama da da parte della maggioranza, che potrebbe modificare il punto tramite emendamento. Non solo. Lo stesso Tremonti si sarebbe lasciato sfuggire l'intenzione di accettare la volontà parlamentare sul cambio della norma. Non la sua cancellazione, questo è chiaro, ma l'innalzamento della soglia dalla quale far partire lo stop della rivalutazione. Si parla di portarla dall'attuale cinque volte il trattamento minimo dell'Inps (oggi pari a 476 euro) ad almeno 8-10 volte questo valore. Insomma lo stop ricadrebbe solo su pensioni che al lordo valgono 4760 euro e con un netto attorno ai 3.500 euro. Un modo che farà ottenere meno risparmi ma che toglierà la patente di iniqiuità al provvedimento. Sul quale poi la partita rischia di trasferirsi anche nella piazza. «La Cisl non concorda su alcune misure contenute nella manovra, con particolare riferimento al blocco delle pensioni» ha detto al riguardo il segretario generale Raffaele Bonanni. «Nelle prossime ore ci mobiliteremo come Cisl, sia a Roma, sotto il Parlamento, sia nei vari posti d'Italia, arriveremo a mobilitazioni dappertutto, sia per loro sia per il pubblico impiego». Le iniziative saranno, quindi, ha spiegato Bonanni, «articolate centralmente e localmente». Sempre in tema di pensioni, infine, la manovra ha confermato l'aumento dell'età pensionabile delle donne nel settore privato: si parte dal 2020 con un mese in più oltre i 60 anni per arrivare al 2032. Fissato al 2014 l'avvio della misura che aggancia l'età pensionabile alla speranza di vita.

Dai blog