Questa manovra fa cassa ma non politica economica
È stato un parto distocico quello del decreto-legge sulla manovra correttiva durato ben 4 giorni. E come spesso accade nei parti sofferti il bambino è nato cerebroleso. Questa manovra ha dell'inverosimile. Una manovra di 47 miliardi di euro di cui 40 a distanza di 2 anni e cioè nel biennio 2013-2014 non si era mai vista perché altro non è che un annuncio programmatico ancorché scritto sulla gazzetta ufficiale. Questo è un dato di fatto che ha una sola lettura politica e cioè che la maggioranza parlamentare è ormai arrivata al capolinea e prevede le elezioni anticipate nella prossima primavera. E ci spieghiamo. Quando il governo per il 2012 fa una manovra quantitativamente modesta (5 miliardi di euro) anche se qualitativamente dissennata e prevede invece di fare nel prossimo autunno una maxi manovra per il 2013 di ben 20 miliardi a distanza di 4 mesi dalla fine della legislatura delle due l'una, o ha deciso di anticipare le elezioni o ha perso il bene dell'intelletto. Tertium non datur. Se questa, dunque è la lettura politica, quella economica è ancora peggiore. L'Italia ha due grandi problemi che ormai trascina da circa 20 anni, il debito e la bassa crescita. Il debito si formò negli anni Ottanta quando il paese era attraversato dal terrorismo brigatista (l'ultimo assassinio di quella stagione avvenne nel 1988 con il povero senatore Ruffilli) e da un'inflazione a due cifre alimentato da una perversa scala mobile che invece di tutelare i lavoratori dipendenti dava fiato ad un crescente aumento dei prezzi al consumo. La sconfitta dei terroristi e la modifica della scala mobile nel 1984 scatenò uno scontro politico tra il governo dell'epoca e il vecchio PCI ma alla fine fu vinta ridando così agli italiani un paese normale. Il costo di quella battaglia fu pagato da Pantalone ma già nel 1991 fu raggiunto il pareggio del bilancio primario (quello al netto degli interessi) e l'anno seguente ci fu il primo avanzo primario. In quell'anno il debito era al 98,5 % del prodotto interno lordo. Dopo 20 anni abbiamo un debito del 120% del Pil nonostante 20 manovre correttive e l'incasso di 160 miliardi di euro per la vendita di aziende pubbliche e con un tasso di crescita bassissimo dal 1995 in poi. Dinanzi a questo stato di cose non è più possibile rifugiarsi nel falso alibi del passato ed è, al contrario, necessario assumersi tutte le responsabilità degli ultimi 18 anni. Ebbene il governo con la manovra proposta dà un ulteriore grave input recessivo alla nostra economia penalizzando 3,5 milioni di famiglie, quelle dei dipendenti pubblici e altri 7-8 milioni di pensionati che hanno un assegno mensile di 1400 euro lordi a salire. Insomma oltre 10 milioni di famiglie vedranno diminuire il proprio potere d'acquisto eroso dall'inflazione crescente, dal blocco degli automatismi previsti da un contratto che peraltro non si rinnova da 4 anni e dalla mancata rivalutazione degli assegni pensionistici. E chi crediamo possa sostenere la domanda di consumi così essenziale per ridare tono alla nostra economia visto e considerato che anche il nuovo aumento delle accise sulla benzina peserà sulle famiglie italiane? Mistero della fede. Ma non basta. L'aumento delle tasse sulle banche che puntualmente trasleranno sui costi dei risparmiatori e delle imprese, il taglio degli incentivi alle energie rinnovabili e il ridotto ammortamento dei costi di gestione delle società concessionarie penalizzeranno gli investimenti privati mentre quelli pubblici continueranno a ridursi (lo scorso anno -18%). Sul terreno della spesa pubblica, poi, immaginare che si possa risparmiare nella pubblica amministrazione altri 5 miliardi lasciando inalterati compiti e funzioni dei ministeri è solo utopia che genera, tuttalpiù, debito sommerso e inefficienza. Insomma, per dirla con parole semplici, manca qualunque visione di politica economica generale che testimonia l'esaurimento di un governo e della sua maggioranza parlamentare che, non dimentichiamolo mai, è minoranza nel paese.