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Nel Lazio guerra ai vitalizi

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Il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini in Consiglio regionale

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Nel Lazio scoppia la guerra ai vitalizi. Le norme attuali sono piuttosto generose: consentono a un consigliere regionale di ottenere l'assegno a 55 anni. Ma con un «piccolo» privilegio: se il politico di turno accetta una riduzione del 5 per cento, allora può conquistare il vitalizio cinque anni prima. È evidente che l'onorevole non ci pensa un minuto anche perché l'ammontare dell'assegno non è proprio misero. Dopo aver trascorso alla Pisana una legislatura, cioè cinque anni, si ha diritto a un vitalizio mensile di 3.100 euro netti. Se invece si è stati impegnati due mandati si arriva a 5.200. I più fortunati, che riescono a restare in sella per quindici anni, sbancano: 6.100 euro al mese. Il Lazio paga 217 vitalizi, 41 di questi sono di reversibilità, vengono versati agli eredi del consigliere deceduto. Ma non è tutto. Si può sempre raddoppiare. I consiglieri regionali che approdano alla Camera dei deputati o al Senato, infatti, hanno diritto a un altro vitalizio, pagato da Montecitorio o da Palazzo Madama. Risultato: con dieci anni di politica (5 alla Regione e 5 in Parlamento) si portano a casa due assegni di oltre 3 mila euro al mese ciascuno. Tuttavia la musica potrebbe cambiare presto. Il presidente del Consiglio regionale del Lazio, Mario Abbruzzese, insieme con Giancarlo Miele (Pdl), ha presentato una proposta di legge per alzare l'età del vitalizio (da 50 a 60 anni) e per ridurre l'ammontare dell'assegno. «La maggioranza è compatta - spiega Miele - Anzi potremmo pensare di inserire questa proposta di legge nell'assestamento di bilancio, come è stato per la norma antiparentopoli proposta da Francesco Storace». In ogni caso Miele ha le idee chiare: «Non è più sostenibile dare la pensione ai politici a 50 anni». Fuga ogni dubbio di antipolitica o demagogia Andrea Bernaudo, consigliere del Pdl: «Bisogna anche pensare che chi si dedica davvero alla politica, lasciando spesso occupazioni o posizioni che ha costruito negli anni, deve avere alcune garanzie. Piuttosto andrebbero colpiti i politici che non si presentano in Aula o nelle Commissioni. In ogni caso - chiarisce Bernaudo - i consiglieri regionali, come i deputati e i senatori, devono adeguarsi alle regole generali, cioè avere la pensione alla stessa età degli altri cittadini». Ragiona Francesco Saponaro (lista Polverini): «Non mi nascondo dietro la demagogia, penso che serva un riconoscimento ma sempre in giusta proporzione con l'età e gli anni passati nelle Istituzioni». Mentre il capogruppo di Fli, Francesco Pasquali, sottolinea: «La Regione non può continuare a sopportare costi simili. Abbiamo il dovere di cambiare queste norme, anche abolendo il vitalizio: per avere maggiore credibilità e per evitare di essere cacciati a pedate». L'opposizione non sta a guardare. Anche l'Italia dei Valori ha presentato una proposta di legge sui vitalizi: prevede semplicemente di abolirli. «Per noi è una priorità - spiega il capogruppo dell'Idv alla Pisana, Vincenzo Maruccio - È una follia dare un assegno ai politici a 50 anni, anche perché, oltre al vitalizio, gli onorevoli avranno la pensione. Non è giusto soprattutto in un momento in cui si chiedono sacrifici ai cittadini». Netto anche il consigliere del Pd Enzo Foschi: «I vitalizi vanno cancellati. Non si tratta di un diritto acquisito ma soltanto di un privilegio. Sarebbe anche un modo per ridare alla politica un po' di credibilità». Dal canto suo Rifondazione Comunista ha presentato una proposta di legge per dimezzare l'assegno e concederlo a 65 anni d'età. Ma questo è niente: presto il Prc lancerà un referendum per cancellare il vitalizio e per abbassare gli stipendi dei consiglieri. «È vergognoso - tuona il capogruppo di Rifondazione alla Pisana, Ivano Peduzzi - che i politici dopo cinque anni di lavoro abbiano diritto a 3.100 euro netti al mese per tutta la vita a partire da 50 anni. Io ho lavorato per 37 anni e ho una pensione di 1.380 euro al mese. Non si può pensare di dare ai politici cifre di quel tipo». Peduzzi poi ha una situazione particolare: la parte maggiore dello stipendio di 10 mila euro percepito dalla Regione va al partito. «Io tengo 2.500 euro e mi sembra giusto così».

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