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Se la casta non cede il Pdl rischia la fuga dei moderati

Giulio Tremonti

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Trentacinque anni fa, nell'ottobre 1976, un illustre giurista di formazione cattolico-liberale, Arturo Carlo Jemolo, pubblicò su un quotidiano torinese un articolo dal titolo lapidario: «Troppi deputati». Commentando un progettino presentato da alcuni senatori per una forte riduzione del numero dei parlamentari, osservò: «Va da sé che non ha una sola probabilità di venire approvato: il suicidio è fenomeno individuale e non collettivo». La battuta dello studioso, per quanto amara, esprimeva una verità che la presentazione della manovra economica di questi giorni ha confermato ancora una volta. La casta, infatti, si è chiusa a riccio appena sono stati ventilati - soltanto ventilati - un possibile ridimensionamento dei privilegi dei parlamentari politici e un tentativo di riduzione dei costi della politica. I privilegi sono sempre odiosi, ovunque si annidino. Ma lo sono ancora di più quando sono pagati, sia pure in maniera indiretta, da cittadini che non ne vogliono sapere. E quando finiscono per triplicare, sotto forma di diarie in gran parte esenti da imposizione fiscale, le già pingui buste paga di chi dovrebbe rappresentare questi cittadini, tutelarne gli interessi e sostenerne la domanda politica. E, ancora, quando, sotto forma di servizi e di benefici vari, permangono ben oltre la scadenza del mandato parlamentare. E pure odiose, odiosissime, sono, più in generale, quelle spese enormi, e sempre crescenti, destinate alla politica: spese necessarie per alimentare strutture parassitarie e spesso improduttive, per sostenere partiti e apparati di partito, per garantire rendite di posizione e nepotismi. La reazione contro il costo della politica è giunta al limite di rottura. Ma la casta ha fatto finta di nulla. E continua a far finta di nulla. Il ministro Tremonti, dopo aver annunciato interventi - in realtà risibili e certo non comparabili ai sacrifici chiesti agli altri italiani sui privilegi dei parlamentari e sulle spese per la politica - ha prestato orecchio, evidentemente, alla lamentele della casta (della quale, peraltro, fa parte a pieno titolo) - e ha finito, così, per presentare una manovra sbagliata, tutta sbagliata: una manovra in sostanza depressiva dell'economia ed eticamente esecrabile perché basata su sacrifici chiesti, attraverso la leva fiscale, alle fasce più deboli e al ceto medio tartassato. Non solo. Le parole usate con supponenza dal ministro per giustificare i mancati tagli ai costi della politica - «potrebbero scassare tutto» - sono una spia della debolezza sua e del governo di fronte ai ricatti della casta. E somigliano, purtroppo, ai rintocchi di campane che suonano a morte per il futuro del governo e per tutto il centrodestra. Già. Il governo potrà pure reggere, per qualche tempo, tra fibrillazioni continue e grazie alla paura (che rischia di diventare certezza) di essere spazzato via alla prossima consultazione elettorale. E ciò anche se - come scrisse un celebre giornalista francese dell'Ottocento, Émil de Girardin, il fondatore del parigino "La Presse" - «la forza dei governi è inversamente proporzionale al peso delle imposte». Quella che rischia di sparire del tutto è la fiducia dei moderati nel Pdl. La loro rabbia crescerà non solo e non tanto per il fatto di vedere disattese tante promesse - a cominciare da quella relativa all'abbattimento della pressione fiscale - quanto piuttosto per il fatto di sentirsi presi in giro. Per il fatto di ritrovarsi al governo un Visco con il volto di Tremonti. Si domanderanno, i moderati, perché votare per un centrodestra che si comporta come - e peggio - del centrosinistra. L'esperto di previdenza del Pdl, Giulio Cazzola, ha contestato le polemiche contro la stretta sulle pensioni ricordando che il governo Prodi aveva utilizzato un meccanismo analogo. È una argomentazione risibile e irritante: a prescindere dal fatto - e lo ricordo per incidens - che il centrosinistra fu assai più tenero del centrodestra bloccando, nel 2008, la rivalutazione solo sui trattamenti pensionistici superiori a otto volte il minimo. Non è così che si fa: i moderati di centrodestra non ammetteranno mai che sia giusto un intervento iniquo solo perché lo stesso tipo di intervento era stato varato dal centrosinistra. Non lo ammetteranno e si allontaneranno sempre più dalla politica e dal centrodestra. I moderati, i cittadini qualunque, non potranno mai accettare di veder lievitare i loro sacrifici mentre la casta continua a ingrassare. La casta si è illusa di aver evitato, per tornare all'immagine evocata da Arturo Carlo Jemolo - il «suicidio» imponendo di non toccare i costi della politica. In realtà lo ha solo dilazionato.

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