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La svolta di Alfano: "Il partito degli onesti"

Silvio Berlusconi e Angelino Alfano

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Non è uno che starà lì a scaldare la sedia. E lo fa capire in modo chiaro. Non discutibile. Angelino Alfano avrà anche i modi gentili, dirà anche le cose con il sorriso sulle labbra, ma tira giù sassate. E il boato con il quale vengono accolte le pietrate contro l'attuale vertice del Pdl sono il segno più evidente di come un'epoca si sia chiusa. Lo stesso appena eletto segretario marca la distanza: dà a Berlusconi del «lei» (ma poi assicurerà: «Sarà il nostro candidato premier nel 2013»). Il consiglio nazionale del Pdl, in pratica il parlamento del partito, non attendeva altro che voltare pagina. Alfano li accontenta, parla di «nuovo inizio» e abbandona il testo originario del suo discorso e si lancia in una intemerata con cui fissa i nuovi paletti: «regole e sanzioni», «talento e merito», «partecipazione» e più di tutti «il partito degli onesti». Che hanno talmente colpito il segno che dopo appena qualche ora impazzano su internet, il simbolo del Pdl rivisitano con le nuove parole d'ordine. In sala poco prima Nicole Minetti s'aggirava come una che ancora non ha compreso dove sta, se a una riunione di partito o a fare shopping per Milano. Nessuno la saluta, tutti la evitano. O come Alfonso Papa che aleggia nell'aria come un corpo estraneo. Finiti gli omaggi e salamelecchi a Denis Verdini. Non si vedono genuflessioni ai vari big, capi, capetti, capicorrente e presunti tali. L'inizio dell'Alfano day scatta quando manca una manciata di minuti alle undici e mezzo della mattina. Lui, Angelino, è emozionato, estrae il suo primo santino che gli ha portato il padre, quello con il quale a 23 anni si candidò al consiglio provinciale di Agrigento. Ricorda quel 1994 e Berlusconi di quell'anno, ricorda di come lo osservava alla tv, la lotta contro l'oppressione fiscale, la promessa per uno stato più liberale, il Sud. Comincia con le citazioni. La prima è per Pinuccio Tatarella. Poi per i capi organizzativi di Forza Italia e An, Claudio Scajola e Altero Matteoli. Poi i tre coordinatori Verdini, La Russa e Bondi con una dedica particolare per quest'ultimo chiedendogli di organizzare il consueto seminario di Gubbio. Menzione particolare è per Renato Schifani, venuto a sentirlo e che gli siede a fianco in platea. Poi Alfano parla dei valori del partito. Ed elenca: vita, famiglia, educazione, meno fisco, sussidiarietà. L'orizzonte è una costituente dei moderati, il Ppe italiano con una evidente apertura all'Udc. Ma anche con una promessa: «Non abbiamo, però, fretta. Immagino che dopo questa proposta andranno a chiedere a vari esponenti del centro cosa ne pensino. Ma questo non è un telequiz, è un ragionamento che vogliamo iniziare insieme». La platea si scioglie, cominciano gli applausi, lui diluisce l'emozione. Disegna una «forza tranquilla». Abbandona i toni esagerati alla Berlusconi. Dice frasi del tipo: «Abbiamo fatto il possibile». Oppure: «Siamo nel tempo delle formiche e non delle cicale». O ancora: «Dobbiamo difendere il tenore di vita degli italiani». E qui comincia ad abbandonare il canovaccio. Si sofferma sul fatto che da Polo delle Libertà, Casa delle Libertà, Popolo delle Libertà sempre un valore è stato presente «mentre la sinistra ha cambiato nomi e simboli da asinelli a querce perché non ha nulla in cui credere». Rivendica: «Andiamo a chiedere il voto con il nostro orgoglio contro il loro pregiudizio». Arriva la parte in crescendo, quelle delle sassate. Il partito va rilanciato, a partire da norme interne e programmi. «Dobbiamo introdurre un meccanismo semplice: servono regole e sanzioni. Non è possibile - spiega - che uno cui non piace il candidato sindaco del Pdl si fa una lista "Coca cola" e si candida da solo. Se vuole farlo, poi continua fuori dal Pdl». E «dobbiamo lavorare per un partito degli onesti», perché se è vero che Silvio Berlusconi «è stato un perseguitato dalla giustizia, ma con onestà, visto che è un nuovo inizio, dobbiamo dire che non tutti lo sono». È un'esplosione. Non un applauso, ma un boato. Tutti in piedi. Lui riprende. Allora il Pdl non sarà «il partito delle tessere, per conquistare le quali si spendono milioni di euro. Sarà un partito che si costruisce con dosi massicce di partecipazione popolare, a basso costo, quasi gratis, in modo che vinca chi ha la gente dalla sua parte e non i soldi». «Un partito del merito e del talento», che riparta dal territorio, che utilizzi lo strumento delle primarie per selezionare i migliori e «non come fine, ma come mezzo per vincere le elezioni». Infine, l'ultimo avvertimento prima di mettere piede al quinto piano di via dell'Umiltà e sfrattare i coordinatori al terzo: «Scenderò dal volo di Stato per riprendere quello di linea, l'auto, il tram e tornare a girare l'Italia».

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