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Cambia l'aria. Un esordio felice

Il ministro della Giustizia Angelino Alfano

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A dispetto del rito «plebiscitario» voluto dal Cavaliere, incapace di resistere ad una festa quando ne avverte o ne crea il clima, Angelino Alfano ha esordito come meglio non poteva da segretario politico del partito di maggioranza relativa. La sua lama non poteva essere più tagliente quando ha avvertito amici e colleghi che "non tutti sono perseguitati" come certamente è Silvio Berlusconi dai magistrati, che gli danno la caccia da quasi vent'anni come se fosse la versione italiana di Al Capone. La musica sembra proprio destinata a cambiare nel Pdl, anche se il dirimpettaio Pier Luigi Bersani, ha fatto finta di non accorgersene insinuando il dubbio che Alfano sia il segretario più del presidente del Consiglio che del suo partito. Credo, e spero, che avrà modo e tempo di accorgersi dell'abbaglio il capo pro tempore del Pd fra una battuta e l'altra contro avversari esterni e interni dediti, secondo lui, alle inutili fatiche di smacchiare i giaguari e pettinare le bambole. Questo "ragazzo" siciliano, come lo ha affettuosamente chiamato Berlusconi, molto probabilmente darà filo da torcere ad amici e nemici politici. Ai primi non sembra avere voglia di fare sconti, con quella combinazione annunciata di "regole e sanzioni" nella vita di partito. Dai secondi non credo che si lascerà intimidire, come ha già mostrato nei tre anni e più di lavoro come guardasigilli, alla testa del Ministero forse più duro e rischioso, dove molti prima di lui si sono rotti l'osso del collo, o quasi. Certo, la sua elezione a segretario sarebbe apparsa più innovativa con tanto di votazione contrassegnata dall'esistenza di una maggioranza e di una minoranza, come avveniva e avviene tuttora in tanti partiti senza con questo sconfinare nella rissa o nel caos. Ma anche in questo che sicuramente è il difficile passaggio da un partito "anarco-carismatico a democratico", come ha più volte scritto con impietosa franchezza e spirito costruttivo il direttore del nostro Il Tempo Mario Sechi, una certa gradualità si può ben accettare e comprendere. Il passaggio ora è finalmente cominciato e le condizioni perché non rimanga incompiuto sembrano esserci tutte, anche se per crearle il Pdl e il Cavaliere hanno avuto bisogno delle sconfitte elettorali, amministrative e referendarie, di maggio e di giugno. Le cui cause principali, caro presidente del Consiglio, si trovano più dentro che fuori la maggioranza, più nei partiti della coalizione di governo che nella indubbia faziosità di alcune ben note trasmissioni televisive. Che non a caso, proprio per la loro vocazione sfacciatamente estremistica, faticano a passare dalla Rai, dove godevano di impropri scudi giudiziari, a La 7, che pure sembrava smaniosa di accoglierle. Quel salutare monito di Alfano a non ritenersi tutti "perseguitati" nel Pdl avrà probabilmente spaventato il deputato, e magistrato in aspettativa, Alfonso Papa. Contro il quale pende alla Camera una richiesta di autorizzazione all'arresto per un'inchiesta napoletana, quella sulla presunta P4, obbiettivamente carica più di ombre che di luci. Ma fra le poche luci ce n'è una, forse l'unica, che -vi confesso- mi ha fatto rizzare i capelli: quella storia degli orologi di origine furtiva acquistati dall'onorevole per fare regali. Non vorrei che ci fosse stato anche quello sfilatomi dal polso a Napoli qualche anno fa, bloccato nel traffico, dal solito rapinatore fuggito nella totale e rivoltante indifferenza di quanti nella colonna d'auto mi stavano dietro, davanti e di lato.  

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