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Santoro è un martire anche lontano dalla Rai

Michele Santoro ad Annozero

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Una nota secca: Telecom Italia Media, editore de La7, ha interrotto le trattative con Michele Santoro a causa di «inconciliabili posizioni riguardo alla gestione operativa dei rapporti fra autore e editore». Si spegne così, almeno per ora, il sogno «dell'invincibile armata». Di quella La7 che, come aveva detto Gad Lerner non più tardi di tre giorni fa, era «pronta a sbocciare come un albero fiorito» mentre Rai e Mediaset «non hanno più il giusto linguaggio». Dovevano arrivare in massa, in fuga da Viale Mazzini, ma per ora l'unico arrivato è Roberto Saviano. E chissà che, alla fine, anche l'autore di Gomorra non ritorni tra le braccia di mamma Rai. Dopotutto il presidente Paolo Garimberti ha chiesto al direttore generale Lorenza Lei di fare tutto il possibile per riportare Vieni via con me sulla televisione pubblica. La partita non è chiusa e ora gli occhi di tutti sono puntati sul Cda del 7 luglio quando si discuterà del futuro di Fabio Fazio, Milena Gabanelli e Michele Santoro (i tre consiglieri di opposizione chiedono il suo ritorno). Che nel frattempo non perde l'occasione per fare il martire. Secondo Michele, infatti, l'interruzione è «una nuova, eloquente ed inoppugnabile prova dell'esistenza nel nostro Paese di un colossale conflitto di interesse». Tradotto: la colpa è di Silvio Berlusconi. «Un accordo praticamente concluso - spiega -, annunciato dallo stesso telegiornale dell'editore coinvolto, apprezzato dal mercato con una crescita record del titolo, viene vanificato senza nessuna apprezzabile motivazione editoriale. Naturalmente non possiamo fornire le prove dell'esistenza di interventi esterni ma parla da solo l'interesse industriale che avrebbe avuto La7 ad ospitare un programma come il nostro nella sua offerta». «Improvvisamente - prosegue Santoro - ci sono stati posti gli stessi problemi legali che la Rai pone a Milena Gabanelli e norme contrattuali che noi consideriamo lesive della libertà degli autori e dei giornalisti. Per non tradire le attese del pubblico, ci siamo impegnati a farci carico delle eventuali conseguenze legali delle nostre trasmissioni, ad autoprodurle e a procedere per gradi, senza un contratto quadro, con una prima serie di undici puntate. In questo modo, sia noi che l'editore, avremmo potuto liberamente valutare l'opportunità di continuare la collaborazione». A questo punto il conduttore ricorda le parole dell'amministratore delegato di Ti media Giovanni Stella che aveva spiegato che non c'erano «divergenze economiche» e che «La7 non aveva nessun problema a mettere in onda un programma come Annozero». «Perché hanno cambiato idea? - si domanda - Chi ha interesse ad impedire che si formi nel nostro Paese un terzo polo televisivo che rompa la logica del duopolio?» Il messaggio è chiaro: qualcuno ha premuto per mandare a monte la trattativa. E pensare che proprio Saviano, spiegando il suo arrivo a La7, aveva puntato il dito contro la Rai soffocata dal governo convinto che, sulla nuova rete, avrebbe trovato «un territorio di libertà e creazione». E la domanda nasce spontanea: perché il «malsopportato» Roberto ce l'ha fatta e Michele no? Santoro sta forse dicendo che lui è più «pericoloso» di Saviano? Non sarà che l'editore di La7 ha deciso in autonomia che l'affare non era redditizio? Domande che i soliti ed efficienti difensori della libertà di informazione preferiscono non porsi. È chiaro che ha ragione Michele. Così, tra chi rievoca «l'editto bulgaro» e chi chiede alla Rai di riaccogliere il figlio perduto, riparte il solito balletto. In fondo cosa sarebbe Santoro senza un po' di martirio?

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