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Così rischiano la fine di Prodi

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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Superbollo sulle auto potenti. Supertassazione sul trading bancario. Ticket sul pronto soccorso. Cresta sull'aumento della pensione. Mi limito a questi quattro esempi per dire chiaramente che se questo è un governo liberale allora Il Tempo fin dal 1944 è sempre stato un giornale dei maoisti. Io non so cosa stia frullando nella testa del presidente del Consiglio e del ministro dell'Economia, sono una persona semplice, che volete farci, so leggere e scrivere. Soprattutto le lettere che in queste ore i lettori del nostro giornale ci stanno recapitando. Al posto di Silvio e Giulio io mi preoccuperei un bel po': fedeli elettori del centrodestra ci stanno comunicando non solo la loro delusione per la manovra, ma le dimissioni dal voto per questa maggioranza. Il motivo è semplice: il tradimento della parola data quando nel 2008 Prodi fu mandato a casa coi forconi elettorali proprio per la sua capacità vessatoria sul fronte fiscale. Mi stupisco di come un uomo intelligente e straordinariamente acuto come Tremonti si sia dimenticato non dico delle sue battute sull'ex ministro Visco («Visco alle Finanze è come mettere Dracula all'Avis») ma abbia persino archiviato i moti popolari dei bei tempi delle lenzuolate dell'Unione prodiana. Due anni e mezzo dopo, l'esecutivo che doveva tagliare le tasse è impegnato nell'imposizione di gabelle che in molti casi appaiono surreali. È un paradosso che il centrodestra italiano non può permettersi. A meno che non abbia deciso di suicidarsi. Conosco l'obiezione: siamo nell'era delle locuste, abbiamo il terzo debito pubblico del mondo, etc. etc. Con queste motivazioni possiamo tranquillamente arrenderci, esultare per il rigorismo contabile e morire nel giro di poco tempo. Le stesse agenzie di rating temute per i giudizi sul rientro dal debito ammoniscono che un Paese senza crescita non va lontano. Nessuno pretende imprese napoleoniche - anche perchè di Bonaparte in giro non ne vediamo - ma se questa è la ricetta per i prossimi anni, probabilmente non basterà avere come avversaria una sinistra inconsistente. Per vincere serve una politica, non la manutenzione e ancor meno la tassazione. La classe dirigente che tocca le pensioni e le tasche degli italiani ha il dovere, prima di far questo, di eliminare i suoi privilegi. Se hanno le tasche cucite prendano le forbici.  

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