In quella sala lo strappo di Fini
La sala è la stessa, uguale il motivo della riunione. Eppure da quel 22 aprile 2010, giorno in cui si riunì la direzione nazionale del Pdl all'Auditorium della Conciliazione, nel partito di Silvio Berlusconi sono cambiate un bel po' di cose. Quello fu il giorno della prima svolta. Il giorno del divorzio che mise fine a un rapporto durato 17 anni. Uno scontro tra due leader «costretti» a fondersi per strategia elettorale ma che, fin da subito, avevano dato dimostrazione di mal sopportarsi. E così bastò che Fini prendesse la parola per rivendicare il diritto di esporre il proprio pensiero senza sentirsi dare del «traditore» che Berlusconi rispose a muso duro: «Se vuoi fare politica la fai da uomo politico e non da presidente della Camera». In altre parole: dimmettiti e ci confrontiamo alla pari. Dimissioni dalla carica che non sono mai arrivate ma che hanno lasciato spazio prima allo sfogo verbale di Fini contro il premier («Che fai mi cacci?») e poi, l'8 settembre, al suo abbandono del Pdl per iscriversi al gruppo di Futuro e Libertà il neonato partitino creato in Parlamento andando alla ricerca di alcuni fedelissimi del presidente che fossero disponibili a seguirlo nell'avventura. Quelli successivi sarebbero stati mesi di grandi fermenti. L'idea di creare un terzo polo assieme a Casini e Rutelli. Poi due manifestazioni (la festa Tricolore di Mirabello e la costituente di Bastia Umbra) per convincere gli italiani a scegliere il progetto dei «finiani». Infine la seconda svolta. Il fallimento. Era il 14 dicembre Fli decise di votare la sfiducia al Cav ma a lui quei voti non servivano. Il premier aveva già sostituito i deputati finiani con quelli confluiti nel neonato gruppo dei «Responsabili». È l'inizio del declino. Il gruppo al Senato sparisce, alla Camera si assottiglia. Il partito si agita per le prevaricazioni interne e alle scorse Amministrative i risultati sono deludenti. Eppure a loro non importa. La missione dei finiani è un'altra. Screditare il Pdl tanto che anche ieri ne hanno dato dimostrazione. Il merito va a Gianmario Mariniello, leader GenerazioneItalia, che ha ironizzato sulla nomina di Alfano a segretario del Pdl: «Auguri ad Alfano. Ne ha bisogno. Il Pdl è in liquidazione e lui ha davvero l'aria di esserne il commissario. A ogni modo, la sua investitura ci riporta alla mente cosa non ci piaceva del Pdl e cosa non è cambiato. Tutto, insomma». E pensare che altri due finiani come Urso e Ronchi avevano appena finito di dire: «La strada tracciata da Alfano è giusta per costruire un nuovo centrodestra». Ale.Ber.