La Lega torna forcaiola «Sì all'arresto di Papa»
LaLega Nord torna ad agitare il cappio. Più di 18 anni fa fu il deputato del Carroccio Luca Leoni Orsenigo a mostrarne uno a Montecitorio mentre i colleghi inveivano a suon di «mafia mafia» contro i banchi della maggioranza. Ieri il compito è toccato a Umberto Bossi. E così eccolo che, appena alla Camera gli si presenta l'occasione per tornare a far sentire il «tintinnio» delle manette, lui ha deciso di cavalcare l'onda. È bastato che un cronista gli chiedesse se la Lega fosse veramente orientata a votare a favore della richiesta di arresto del deputato Pdl e magistrato in aspettativa Alfonso Papa nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta "P4" che lui ha risposto: «Penso di sì». È la svolta del dopo Pontida. Una delle risposte concrete che l'Umberto manda alla sua gente. Nella sua mente rimane indelebile il ricordo di quel 1992. Era l'epoca delle inchieste di Tangentopoli. Tutti i partiti se ne trovarono invischiati e a lui bastò diventare uno dei più convinti sostenitori del "pool di Milano", perché gli elettori gli affidassero una valanga di voti. Ora ci riprova. Lancia un messaggio a quella «base» stanca di vedere il proprio partito appoggiare una casta privilegiata che si può permettere di non rispondere ai giudici del proprio operato. Un malessere che già il 12 giugno scorso il governatore del Veneto, Luca Zaia, aveva interpretato tanto da decidere non solo di andare a votare ai referendum ma di esprimere quattro «sì», compreso quello, più inviso al premier, sul legittimo impedimento. Una decisione che trovò il favore del cinquanta per cento dell'elettorato leghista che in quella stessa occasione seguì l'esempio dell'esponente leghista e che ieri, molto probabilmente, avrà commentato con lo stesso entusiasmo la decisione di Bossi di votare a favore della richiesta avanzata dai magistrati di Napoli. Intanto, mentre la politica discute, e il ministro La Russa definisce quella della Lega una posizione legittima visto che il voto non è subordinato a un «vincolo di maggioranza», la Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera ha deciso di rinviare al 6 luglio il dibattito sulla richiesta di arresto per il deputato accusato di aver acquisito informazioni riservate su procedimenti penali in corso, come quelli relativi all'ex dg Rai Mauro Masi e al coordinatore del Pdl Denis Verdini. Una riunione che si è aperta con la relazione di Francesco Paolo Sisto, anche lui deputato pidielle, che avrebbe evidenziato come nei confronti del collega ci sia un intento persecutorio da parte dei magistrati e che non esistono le condizioni che giustifichino l'arresto. Eppure questo sembra non interessare a Bossi. Lui non accenna a fare alcuna retromarcia. E a Palazzo si torna a sentire «tintinnar di manette».