La Grecia insorge contro il piano di rigore
Si fa sempre più forte la pressione sul parlamento greco affinchè voti a favore del piano Papandreu che prevede drastiche misure di austerità economica e sociale (tagli per 28,4 miliardi entro il 2015, privatizzazioni accelerate, commissariamento della politica economica da parte di Ue e Fmi). I toni sono quasi da ultima spiaggia: è il solo modo per evitare il default, secondo il commissario agli affari economici Olli Rehn; la stabilità delle altre economie dell'eurozona è minacciata, secondo il suo collega della concorrenza Joaquin Almunia: ore decisive per tutti, non solo per i greci, secondo il presidente Ue Herman Van Rompuy. È chiaro che senza il voto del parlamento ellenico non sarà versato un euro alla Grecia e non ci sarà alternativa alla ristrutturazione del debito. La pressione è diretta al fronte di opposizione al governo Papandreu con il partito conservatore (responsabile dei trucchi di bilancio) sempre schierato per il no. Sulla carta Georges Papandreu può contare su 155 voti su 300, ma il rischio arriva da una pattuglia di dissidenti. Non solo. Il Paese è mobilitato con la cura da lacrime e sangue. Ieri, primo dei due giorni di sciopero generale, c'è stato il blocco totale e scontri tra i manifestanti e la polizia con lancio di lacrimogeni. «La nostra mobilitazione continuerà fino a quando resterà in vigore questa politica», ha detto un portavoce della Confederazione generale di lavoratori. Il piano di austerità è stato criticato non solo dai sindacati, ma anche dal governatore della Banca centrale greca, George Provopoulos, secondo il quale esso si basa troppo sul rialzo delle tasse mentre non sono previsti adeguati tagli alla spesa. Anche se le borse europee hanno chiuso la giornata in una atmosfera di ottimismo, le autorità europee incrociano le dita e negano l'esistenza di un piano b, che prenda di petto la ristrutturazione del debito. Scommettono sulla saggezza dei parlamentari greci, ma questa è appesa a un filo mentre continuano gli scioperi generali. Di qui il massimo sforzo per accelerare il confronto vellutato aperto tra governi e banche sul «roll-over» volontario del debito in scadenza sotto l'occhio vigile delle agenzie di rating. Ieri si è saputo che la proposta elaborata in Francia tra governo e banche e alla base del negoziato condotto dai rappresentanti del Tesoro dell'eurozona e le principali banche conterrebbe due opzioni. La prima prevede il reinvestimento di almeno il 70% dell'ammontare del debito in scadenza nei prossimi tre anni in nuove obbligazioni greche a 30 anni garantite da titoli zero coupon emessi da entità europee (probabilmente l'Efsf), tasso di interesse nell'ordine di grandezza di quelli previsti per i prestiti, superiore al 5% ma inferiore al 10%. La seconda opzione prevederebbe il reinvestimento di una quota più elevata del debito in scadenza (più vicino al totale meglio è) in bond a 5 anni a tassi attorno al 5%. Se il parlamento greco voterà no salta tutto: niente quinta tranche di 12 miliardi del prestito vecchio, niente secondo pacchetto di aiuti, niente «roll-over».