Tra Bossi e Maroni è pace armata
È durata circa due ore e mezza la segreteria politica della Lega convocata ieri pomeriggio nella sede di via Bellerio a Milano. Dopo giorni di duri botta e risposta è arrivato il momento della resa dei conti. Da una parte Bossi sostenuto dal «cerchio magico» dei suoi fedelissimi. Dall'altra Roberto Maroni forte del sostegno di quella «base» che a Pontida lo ha già nominato prossimo presidente del Consiglio. Una battaglia impari che si è conclusa con le secche parole del ministro dell'Interno che, lasciando la riunione, ha commentato: «Con Bossi tutto è a posto». Poche parole, glaciali, che dovrebbero chiudere definitivamente la querelle all'interno della Lega. Eppure non tutti sembrano d'accordo. È il caso di un gruppetto di esponenti leghisti del Veneto che commentano così il clima all'interno del partito: «Qualche problema c'è ma è circoscrivibile a beghe interne alla Lega lombarda. Una battaglia tra varesini e bergamaschi dove ognuno vorrebbe prevalere sull'altro. Nelle altre regioni non c'è tutto questo astio». Nel Carroccio nessuno vuole parlare lasciando il vertice. Forse l'ordine di scuderia imposto dal «Capo» è di non commentare per riservare alla riunione di oggi a Palazzo Grazioli con il premier e le forze di maggioranza tutta la sorpresa sulle decisioni prese in Via Bellerio. Eppure, qualcosa è trapelato. Sembra infatti che nel corso della segreteria federale si sia parlato molto della manovra economica, e il giudizio del Carroccio sarebbe fortemente negativo. Tanto negativo che nel corso della riunione a via Bellerio, confermano più fonti, ci si è anche posti il problema che il «superministro» possa reagire con un gesto «tipico», ovvero la minaccia delle dimissioni. Ma a Bossi questo non importa perché la Lega non vuole cedere su determinati punti come l'attuazione della riforma fiscale e il «salvataggio» dei Comuni. Ma nessuno conferma. Tutti tacciono. L'unico a concedersi ai giornalisti è il ministro Calderoli che alla festa leghista di Zogno, secondo quanto riporta La Padania, parla di rifiuti: «Quelli di Napoli? O nel decreto c'è scritto che potranno essere portati solo nelle regioni confinanti alla Campania, in modo che restino lì, oppure non passerà». Una parola che dà man forte a tutti quei consiglieri regionali leghisti che anche ieri hanno manifestato la netta contrarietà a ricevere nei loro territori la «munnezza» napoletana. In prima linea proprio il capogruppo della Lega veneta, Federico Caner, che con una nota ha chiuso definitivamente le porte alle trattative: «Il Veneto si dichiara indisponibile. Napoli si arrangi con risorse proprie o le chieda alla Regione Campania». Stessa cosa chiesta dai leghisti liguri Edoardo Rixi, Francesco Bruzzone e Maurizio Torterolo che hanno presentato una mozione per impegnare il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, «a esprimersi contro ogni eventuale trasferimento di rifiuti campani verso la Regione». Occhi puntati quindi sul vertice di oggi a Palazzo Grazioli. E, mentre i dirigenti leghisti tacciono, è il sindaco di Verona, Flavio Tosi, a lanciare un messaggio al Cav: «Le richieste del Carroccio sono state chiarite nei giorni scorsi, hanno scadenze ben precise e Berlusconi deve impegnarsi a rispettarle. Altrimenti non ha senso stare in maggioranza insieme».