L'ultima dei pm: Arcore "un bordello"
Mentre la macchina della polvere continua a far volare le intercettazioni sulla P4, si riaccendono i riflettori sul Bunga Bunga. Un vero e proprio «bordello», come lo hanno chiamato ieri il procuratore aggiunto Pietro Forno e il pm Antonio Sangermano, nel loro intervento per ribadire la richiesta di processo per Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti per il caso Ruby. Un «sistema per compiacere Silvio Berlusconi», hanno spiegato i due magistrati davanti al gup di Milano Maria Grazia Domanico aggiungendo che l'attività di induzione e favoreggiamento della prostituzione da parte dei tre imputati per i presunti festini a luci rosse ad Arcore era un «sistema non occasionale» e «ben organizzato per compiacere Silvio Berlusconi». Secondo l'accusa, era Nicole Minetti ad amministrare il «bordello». Il «sistema» dei presunti festini a luci rosse ad Arcore, organizzato da Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, si avvaleva della «mercificazione della fisicità della donna» e della «mortificazione della dignità femminile». Con un «sistema strutturato per fornire ragazze disponibili a prostituirsi» articolato su tre ruoli: un arruolatore e cioè Lele Mora, un fidelizzatore (Emilio Fede, che doveva valutare l'affidabilità delle ragazze, la loro riservatezza, la disponibilità a fare sesso, e l'adattabilità alle personali esigenze che nascevano) e un'organizzatrice economico-logistica (Nicole Minetti). Immediata la replica dell'avvocato del premier, Niccolò Ghedini: «Le dichiarazioni dei pubblici ministeri sono totalmente destituite di fondamento ed in palese contrasto con la realtà ampiamente e puntualmente narrata da decine di persone che hanno affermato come mai siano avvenuti quei fatti indicati dalla procura». Verso le 20 di ieri sera, però, il procuratore generale Forno ha aggiustato il tiro precisando di non aver mai detto che Arcore era un bordello: «Il termine è stato utilizzato come riferimento storico alla divisione dei compiti prevista dalla legge Merlin che, come noto, prevedeva la soppressione delle case chiuse». Tornando al processo, il gup di Milano ha aggiornato l'udienza preliminare sul caso Ruby al prossimo 11 luglio e ha fissato un'altra data che è il 13 luglio. La stessa gup Domanico ieri ha ammesso come parti civili le due ex miss piemontesi Ambra e Chiara come richiesto dai legali delle ragazze secondo i quali Ambra e Chiara avrebbero «subito un danno non patrimoniale costituito dalla profonda ed enorme sofferenza subita» per essere state considerate al pari di meretrici e quindi di essere state indotte a tale attività facendole partecipare «ad una serata ad Arcore (il 22 agosto 2010 ndr) nella dimora di Silvio Berlusconi», dimora che abbandonarono appena si resero conto del reale scopo della partecipazione. Nell'istanza si chiedono anche i danni patrimoniali dovuti alla «perdita di chance» lavorativa causata dall'essere state considerate delle escort. Secondo le difese, invece, manca la legittimazione attiva delle due giovani ad essere parti civili «perché non sono state indicate nemmeno come parti offese». Quanto a Ruby, parte offesa nel procedimento, al momento non è stata presentata alcuna richiesta di costituzione di parte civile. Il suo legale, l'avvocato Egidio Verzini all'inizio dell'udienza ha precisato di stare valutando le carte per un'eventuale richiesta, richiesta che può presentare anche in sede di dibattimento. Il legale prima di entrare in aula ha anche annunciato per il 9 luglio, una conferenza stampa nel suo studio a Illasi, in provincia di Verona, alla quale parteciperà anche la giovane marocchina da poco tornata da una lunga vacanza in Messico.