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De Magistris rivaluta Di Pietro

Antonio Di Pietro e Luigi De Magistris

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Con tutti i problemi che ha Napoli, sommersa dai rifiuti, il neo-sindaco Luigi De Magistris trova il tempo e la voglia di riprendere nel suo partito la fronda contro Antonio Di Pietro. Il quale, dal canto suo, raccoglie ciò che ha seminato negli anni passati, quando ha arruolato di tutto nella sua Italia dei Valori. L'ex magistrato simbolo dell'inchiesta demolitrice della Prima Repubblica, quella nota come «Mani pulite», non ha affiliato solo il Sergio De Gregorio del 2006, rocambolescamente tornato nel centrodestra in groppa alla presidenza della Commissione Difesa del Senato, o il Domenico Scilipoti del 2008, Mimmo per gli amici. Il cui nome è oggi accoppiato a quello di Berlusconi dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani per deridere il governo scampato il 14 dicembre scorso alla trappola della sfiducia tesagli con l'aiuto del presidente della Camera. Appartiene alle troppo affrettate scoperte di Di Pietro anche il suo ex collega di toga de Magistris, approdato come «indipendente» nelle sue liste due anni fa al Parlamento Europeo dopo avere amministrato giustizia con tanta disinvoltura da incorrere nelle rare censure del Consiglio Superiore. Decisamente più giovane di Di Pietro, di ben diciassette anni, e più adatto di lui all'uso dei congiuntivi, oltre che di eleganti mocassini, magliette di fantasia, bandane e brillantina, De Magistris si è rivelato subito scomodo al suo arruolatore. Che prima ha cercato di blandirlo, poi di metterlo in riga ad un congresso di partito e infine di distrarlo con altre, improbe imprese. È così che l'ostinazione di De Magistris a candidarsi a sindaco di Napoli è probabilmente apparsa a Di Pietro nei mesi scorsi un'occasione da non perdere o per liquidarlo come sconfitto o per inchiodarlo su quella croce che è diventata Napoli, nell'improbabile caso di vittoria. Che invece è arrivata e dev'essere sembrata a Di Pietro, a prima vista, un miracolo di San Gennaro fuori stagione. Ma de Magistris anche da quella croce ha voluto mettersi a dare lezione di traffico politico a Di Pietro non lasciandosi scappare l'occasione offertagli ieri con il solito e interessatissimo zelo da La Repubblica. «Il centro è fin troppo ingolfato», ha ricordato il sindaco di Napoli al segretario del suo partito pensando probabilmente sia ad una parte della componente ex democristiana del Partito Democratico sia ai centristi dichiarati del cosiddetto Terzo Polo. Per ciò sarebbe inutile «cercare di smarcarsi» da Bersani, sino a criticarlo apertamente nell'Aula di Montecitorio, e da Nichi Vendola. Il quale ultimo, sempre secondo De Magistris, sarà pure malato di «leaderismo solipsistico», cioè di esasperato individualismo, come Di Pietro avrà scoperto consultando un dizionario, ma rimane un interlocutore «privilegiato» e una componente insostituibile di quel «moto di partecipazione attiva» esploso con le elezioni amministrative e con i referendum. Senza il quale non si potrebbe abbattere «il berlusconismo», ora che «Berlusconi è in caduta libera». E si guadagna sotto forma di pietas, che per De Magistris deve essere una pietanza tossica, il rispetto di chi lo voleva «sfasciare» prima da magistrato e poi da politico. Diavolo di un uomo, questo De Magistris riesce ad obbligare anche uno come me a difendere Di Pietro. E fargli dimenticare per un attimo persino quel disumano "foruncolone" con il quale egli liquidò spavaldamente in tribunale le piaghe diabetiche, e certificate, del suo allora imputato contumace Bettino Craxi.

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