P4: indagato il generale Adinolfi
Il capo di stato maggiore della Guardia di Finanza, generale Michele Adinolfi, è indagato dalla procura di Napoli nell’inchiesta P4. I reati ipotizzati nei confronti dell'alto ufficiale sono rivelazione di segreto e favoreggiamento personale. Adinolfi, secondo i pm, avrebbe fatto arrivare - tramite un'altra persona - notizie riservate sull'inchiesta a Luigi Bisignani: notizie che gli sarebbero arrivate da un altro generale della Finanza, il comandante interregionale dell'Italia meridionale Vito Bardi, in servizio a Napoli, anche lui indagato e che ha chiesto che si proceda per calunnia nei confronti di Bisignani e di eventuali altre persone che lo accusano. La procura di Napoli, intanto, continua imperterrita il suo lavoro. Nei documenti che hanno fatto finire agli arresti domiciliari Bisignani, considerato dai pm l'uomo in grado di ottenere informazioni coperte da segreto da distribuire alla sua rete di «amicizie», c'è anche la Regina di Giordania. A chiamare in causa la sovrana Rania è stata proprio il ministro Stefania Prestigiacomo, ascoltata dai magistrati il 14 febbraio scorso: «Bisignani mi disse che avrebbe voluto ottenere l'incarico di stampare le pagine gialle in Giordania». Non solo il capo del dicastero dell'Ambiente ha collegato Bisignani alla Regina di Giordania. Nelle migliaia e migliaia di pagine in mano agli inquirenti napoletani, c'è anche un impreditore che, interrogato come testimone, ha parlato dei rapporti che avrebbe avuto l'indagato con esponenti del mondo politico italiano e anche con quello estero. Si tratta di Alfonso Gallo, ascoltato il 5 febbraio 2011 dal magistrato Henry John Woodcock: «So che Bisignani è un uomo molto potente e influente, molto legato ad ambienti istituzionali, che ha un potere di manovra sconfinato - ha dichiarato il teste al pubblico ministero - su tutte le articolazioni dello Stato e del Parastato; ritengo che tale enorme potere poggi sulla rete di relazioni che Bisignani ha sia con gli attuali vertici dello Stato sia con Stati esteri; a tale ultimo proposito mi risulta che Bisignani sia legatissimo alla Regina di Giordania e a Israele». Insomma, secondo alcuni testimoni della maxi inchiesta sulla P4, la presunta mente dell'organizzazione avrebbe avuto contatti anche fuori dal territorio italiano. Gli stessi inquirenti, hanno anche intercettato diverse persone, legate a vario titolo agli indagati, che avrebbero avuto rapporti sessuali con transessuali, spesso nel cuore della Capitale, a due passi da via Veneto e dall'ambasciata americana. Nei documenti in mano alla procura, ci sono anche riferimenti all'uso di sostanze stupefacenti (marijuana) da parte di alcuni soggetti intercettati. Da quando è scoppiato il caso P4, molti personaggi (indagati e non) hanno respinto subito le accuse. Tra questi anche l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti: «Non ho chiesto alcun favore né a Luigi Bisignani né ad altri per la nomina ad amministratore delegato del Gruppo FS del settembre 2006 (Governo Prodi) e nemmeno per la successiva riconferma del giugno 2010 (Governo Berlusconi)». E infine, Giuseppe De Martino, il socio di Luigi Bisignani nella «Italian Brakes», l'azienda che si occupa della produzione di freni per convogli ferroviari, è stato costretto a non sporgere denuncia su «abusi d'ufficio, irregolarità, turbative d'asta, frodi inerenti ad appalti gestiti dall'ufficio tecnico di Trenitalia, denuncia che De Martino aveva già redatto e corredato da numerosi allegati e consegnato in copia al Bisignani, socio di minoranza della "Italian Brakes"», ha scritto il gip nell'ordinanza. Secondo il giudice, Bisignani era contrario alla denuncia e con Alfonso Papa voleva utilizzarla per «ricattare la dirigenza di Trenitalia».