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"Le trascrizioni non rendono il valore reale di ciò che si dice"

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Quanto si perde del valore reale di un comunicazione quando si trascrive? Enfasi, esitazione, ironia, sarcasmo e gestualità scompaiono nei verbali delle intercettazioni telefoniche, rischiando di appiattirla, decontestualizzarla o addirittura falsarne il significato. E quanto conta la «mano» di chi riporta i dialoghi? L'agenzia Adnkronos ha posto il problema a un gruppo di intellettuali che si son detti tutti d'accordo su un fatto: una trascrizione non potrà mai rendere tutte le sfumature di un discorso parlato. E di questo sono convinti anche scrittori di sinistra come Niccolò Ammaniti. «Quando si trascrive un discorso – spiega – è ovvio che saltino tutte le sfumature di qualsiasi forma, dall'ironia al paradosso, il dire una cosa intendendone un'altra. Anche la battuta può sembrare molto più pesante. Secondo me è quasi impossibile. Per questo la letteratura in qualche modo specifica spesso, ci sono frasi come "disse sorridendo" o "disse sollevando le spalle": quello che è corporeo, che è fisico, è fondamentale». Alberto Bevilacqua, pur essendo d'accordo con il suo «collega», teme che il problema possa essere un altro: «Il pericolo non è questo, naturalmente, perché anche in passato le interviste appiattivano spesso e rendevano sommario quello che non era. Oggi, attraverso il computer, si possono manipolare le interviste e far dire a un intervistato quello che non ha mai detto. Una cosa che in passato non avveniva». Per l'attore Jerry Calà «esiste la scrittura, esiste la prosa. Chiaramente una parola detta in modi diversi assume significati diversi. Il rischio è abbastanza elevato». Convinto della «perdita» di una parte della comunicazione nelle trascrizioni anche il linguista Tullio De Mauro: «È inevitabile perdere intonazione, ritmo di ciò che è stato detto quando si trascrive – spiega – Quasi tutti i trascrittori tendono a normalizzare, cioè a far cadere ciò che gli pare stonato nello scritto. Questo può cambiare il senso. Io ho provato a dirlo tanti anni fa, riguardo le trascrizioni di intercettazioni telefoniche degli anni '80-'90. Frasi tagliate fuori dal contesto, dette al telefono - che è quasi un confessionale - a ruota libera... O si ricostruisce, e lo si può fare anche nelle trascrizioni, ma è difficile: ci vuole una mano artistica per tentare questa operazioni. Oppure una frase staccata può assumere anche un senso di perentorietà che non ha. Anche quello che sto dicendo, con cautela ed esitazione, se viene messo per iscritto in "modo sparato" viene fuori che il professor De Mauro non crede alle trascrizioni. Non è che non credo alle trascrizioni, dico solo che alterano l'andamento del parlato e possono incidere sulla comprensione di ciò che le parole dette vogliono dire». Qualche apertura in favore delle trascrizioni arriva dal regista Carlo Mazzacurati. «Come succede nella traduzione, ci possono essere livelli più o meno buoni. Certo, non è la stessa cosa. Ma quello che uno dice a voce se viene letteralmente trascritto è illeggibile e questo non è chiaro a tutti. Ci vuole qualcuno all'altezza, che sappia ricostruire una conversazione, telefonica o de visu, dove ci sono pause di sospensione, allusioni, che in qualche modo sottendono ad esempio un aspetto di natura ironica. Mi è capitato addirittura di veder migliorato quello che ho detto, per cui non è sempre negativo».

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