Di Pietro per un giorno berlusconiano
Fa un certo effetto vederli lì, seduti fianco a fianco sui banchi di Montecitorio. Sembrano due vecchi amici che conversano amabilmente. Come sta la famiglia? Bene grazie e la tua? I figli? Il lavoro? Invece non si tratta di due amici di vecchia data. I protagonisti di questa scena assolutamente inedita, «rubata» in una pausa dei lavori dell’Aula, sono Silvio Berlusconi e Antonio Di Pietro. Il prototipo per eccellenza dei «nemici». Certo nel 1994, quando il Cavaliere si trovò per la prima volta a Palazzo Chigi, si «corteggiarono» e la storia, sempre smentita da Berlusconi, narra anche dell’offerta di un ministero all’ex pm. Poi, però, le strade si sono divise. Tonino ha scelto quella dell’opposizione dura. E Silvio è diventato, di volta in volta, «piduista», «stupratore della democrazia», «dittatore al tramonto», «magnaccia». Una lunga lista di epiteti sintomo di distanze incolmabili. Almeno fino a ieri quando alla Camera si è compiuto il «miracolo». In realtà la vera svolta risale al referendum. Di Pietro è stato l’unico a non strumentalizzare l’esito del voto e a sottolineare come non potesse esserci un legame tra i quattro sì e le dimissioni del governo. Un’atteggiamento «moderato» che ha molto impressionato il premier. Che ieri, approfittando dell’occasione, ha voluto parlarne al diretto interessato. Eppure il leader dell’Idv, commentando a caldo il discorso di Berlusconi, non era stato tenero: «Il presidente del Consiglio ha illustrato un paese da "Alice nel paese delle meraviglie". Ha presentato una realtà che non esiste. E, mentre esorta un’azione di governo che vede solo nella sua mente malata e confusa, il Paese reagisce con proteste, indignazione e dolore». Parole che non hanno impedito al Cavaliere di tendere la mano al «nemico» di sempre. Poco dopo le 17, quando la seduta è stata sospesa per una mezz’oretta, si è alzato dal proprio posto e si è diretto verso Di Pietro fermandosi a chiacchierare con lui sui banchi al centro dell’emiciclo. Un colloquio riservato che Tonino ha sintetizzato così: «Mi ha ribadito a quattr’occhi che il governo sta facendo il bene del Paese. Io gli ho detto che farebbe davvero il bene del Paese se se ne andasse al più presto». Fatto sta che, dopo questo faccia a faccia, Di Pietro ha tenuto forse il discorso più «berlusconiano» della sua carriera politica. Per l’ex pm ci sono pochi dubbi: in Parlamento c’è una maggioranza e nel Paese un governo che «difficilmente si schioderà da qui per i prossimi due anni». Il primo passo è prenderne atto. Il secondo lavorare insieme per costruire l’alternativa. Nel frattempo, se Berlusconi intende abbandonare le leggi [/CAPOL-2R]