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Continuiamo così e una risata ci seppellirà

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Siamo davvero alle comiche finali. In un momento economicamente difficile e finanziariamente drammatico per l'Italia e per l'Europa, il famoso raduno di Pontida del secondo partito di governo è stata la rappresentazione comica, per non dire altro, dello stato della politica nel nostro Paese. Se davvero la Lega volesse la riforma fiscale, quella cioè che da subito allevierebbe le famiglie e le imprese, lo direbbe nel consiglio dei ministri chiedendo a Tremonti di presentarla ad horas visto e considerato che la si sta studiando da 17 anni. Ed è mai possibile che una forza di governo chieda al presidente del Consiglio da un palco strapaesano e davanti ad elettori travestiti da guerrieri medioevali di denunciare unilateralmente intese internazionali con paesi alleati? Ed infine è davvero una cosa seria chiedere il trasferimento di quattro ministeri a Monza (e perché non a Mantova o a Pavia, patria del nostro ministro dell'Economia?) ben sapendo che in ogni provincia già esistono uffici periferici delle amministrazioni centrali dello Stato che sono l'interfaccia dei cittadini e delle imprese? Chi dovesse rispondere a queste richieste confutandole nel merito prenderebbe sul serio queste che noi abbiamo definito, con un pizzico di irriverenza, le comiche finali del leader di Pontida ormai al tramonto che peraltro non si preoccupa di coprire di ridicolo se stesso, il suo partito e il suo gruppo dirigente che pure ha espresso politici di buona qualità. Ma c'è di più. È il partito di maggioranza relativa che ha sulle spalle l'onere complessivo del governo del Paese che mostra tutta intera la propria inadeguatezza nel capire le condizioni reali in cui versa l'Italia. Se si eccettua Giulio Tremonti, che rappresenta, peraltro, l'unica voce internazionalmente ascoltata, il Popolo della Libertà è incapace di guidare con mano ferma l'esecutivo e la maggioranza parlamentare nel suo complesso con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. C'è un progressivo sgretolamento dello Stato in tutte le sue articolazioni, c'è una frantumazione politica che si trasferisce nelle istituzioni che spesso sono l'uno contro l'altra in politiche settoriali di grande delicatezza. Dall'energia ai rifiuti per finire alla sanità e all'agricoltura è tutto un fiorire di posizioni istituzionali diverse tra comuni, regioni e province che annulla qualsiasi ipotesi di efficacia delle singole politiche con un danno incalcolabile spesso irreversibile il cui costo lo pagano i cittadini. E all'interno di questo sgretolamento i poteri dello Stato sono autoreferenziali e spesso l'uno contro l'altro armati. Il governo è minoranza nel Paese, i ministri sono terrorizzati da un titolo di giornale, il Parlamento è sempre più ininfluente nelle grandi decisioni politiche e il potere giudiziario, quello inquirente naturalmente, manganella a destra e a sinistra al riparo di una totale immunità delle proprie azioni facendo spesso, come si suol dire, due pesi e due misure. In questo quadro di sfarinamento politico ed istituzionale non si ha più certezza del diritto e si viene osannato o bastonato a seconda delle camarille di appartenenza. Noi che da qualche tempo monitoriamo questo fenomeno che sta trascinando il Paese verso il baratro restiamo esterrefatti per quello che stiamo annotando. Andando avanti in questa direzione il Paese non si salva. Noi non siamo catastrofisti e meno che meno afflitti da pregiudizi personali o politici, ma credo che tutti possono vedere che quasi nulla funziona più in un Paese che altro non fa che discutere di Ruby rubacuori, di riforme della giustizia annunciate e mai fatte o della scoperta di strumenti salvifici come le primarie con i quali si pensa di poter sostituire la politica, la sua dignità e la sua visione degli interessi generali. Il rischio è che tra non molto saremo tutti tragicamente seppelliti da una grande risata che precede il pianto collettivo.

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