Berlusconi va avanti: "La maggioranza c'è"

La verifica va. Alla Camera Berlusconi ripete quasi alla lettera il discorso pronunciato al Senato, scatena un mezzo putiferio perché si ferma a parlare con il leader dell'Idv Antonio Di Pietro durante una pausa dei lavori, replica alle proteste dell'opposizione con un «vi assicuro che restare a palazzo Chigi è un gradissimo sacrificio», ma sostanzialmente si ritrova con gli stessi problemi e con le stesse certezze che aveva prima del doppio appuntamento in aula. Il suo appello ai centristi è caduto ancora una volta nel vuoto e le parole di Pier Ferdinando Casini non hanno lasciato aperto alcuno spiraglio: «È lei – ha ricordato nel suo discorso il leader dell'Udc – che ha detto che finalmente, liberatosi della zavorra Udc, avrebbe realizzato le riforme: come può ora pensare di essere credibile nel fare un appello all' unità dei moderati?». Un intervento che il Cavaliere ha commentato con un laconico «ormai è un capitolo chiuso». E del resto non poteva essere altrimenti. Casini ha detto più volte che non sarebbe mai rientrato nel centrodestra finché fosse rimasto Berlusconi leader e in questo momento preferisce restare a guardare come si evolve la situazione in casa Pdl. Anche perché questo gli consente di tenere sempre aperto uno spiraglio con il Pd nel caso si dovesse andare a un governo tecnico. Anche nei rapporti con la Lega il premier non è andato molto oltre a una formale rassicurazione sulla tenuta dell'alleanza. Almeno fino a quando converrà al Carroccio. Ieri in aula a Montecitorio c'era Umberto Bossi, assente il giorno prima al Senato. Il leader leghista ha ascoltato il suo amico Silvio, ha spiegato di essere soddisfatto del programma ma alla fine ha commentato con un gelido «Bello, a parole. Ma aspettiamo i fatti». Le note positive arrivano dal Pdl. Il partito ha apprezzato il discorso, i toni moderati scelti nei confronti dell'opposizione per cercare di creare un clima più sereno. Nessun accenno ai magistrati, nessun attacco frontale ai «nemici». E anche con l'avversario che più lo ha angustiato in questo ultimo anno, Gianfranco Fini, ha mostrato un atteggiamento più cordiale. Nulla di eclatante ma il saluto che gli ha rivolto prima di lasciare l'aula è un gesto impensabile almeno per il Berlusconi di qualche settimana fa, quando tra i due c'era un distacco totale. Un cenno al quale ha risposto anche il presidente della Camera. Nel tardo pomeriggio Berlusconi è poi salito al Quirinale per confrontarsi con il presidente della Repubblica sul doppio confronto in aula. Al centro del colloquio anche i prossimi appuntamenti parlamentari, prima di tutto la manovra. Napolitano avrebbe sottolineato l'importanza di mantenere i conti in ordine e di raggiungere l'obiettivo del pareggio di bilancio entro il 2014. Sul tavolo anche il Consiglio europeo a Bruxelles, durante il quale si discuterà degli aiuti alla Grecia e della situazione economica internazionale. Ma in questi giorni Berlusconi sta lavorando anche al nuovo assetto del partito in vista del consiglio nazionale del primo luglio. La tentazione del Cavaliere sarebbe quella di affidare il Pdl solo ad Alfano, eliminando i coordinatori. Una soluzione che però creerebbe forti contrasti interni, così in queste ore sta prendendo quota l'ipotesi di formare un direttorio formato da una decina di persone. Ipotesi «gradita», ad esempio, sia al sindaco di Roma Gianni Alemanno sia a Claudio Scajola.